"Hanno detto di Aramu"
Recensione critica del Prof. Falossi
“Quello che mi ha sempre colpito di Francesco Aramu è l’energia
improvvisa che lo prendeva nell’organizzazione dei suoi programmi
culturali ed artistici.
Spariva, senza preavviso per qualche mese. Tornava entusiasta
ma tranquillo, con realizzata una impegnata mostra personale,
un libro, o un tour di esposizioni all’estero. Con la stessa calma,
senza alcun segno trionfalistico o di stanchezza mostrava , a giustificativo,
le prove della sua assenza.
E poi c’è la Sardegna. “Buona Sardegna, ti raggiungerò a Settembre”
mi scriveva da S. Gimignano, in provincia di Siena dove
era andato a prendere contatto con alcune istituzioni toscane per
una iniziativa culturale.
Francesco Aramu non era solo Sardo, era Maddalenino. Un’isola
nell’isola che si ritiene essere la parte privilegiata ed unica per
le bellezze naturali di tutto il continente. E della Sardegna egli
conosceva non solo i mari cristallini, non le bianche vele al ento e
tanto meno le notti bianche della Costa o gli affollati porti. Egli ne
conosceva l’intensità spirituale, la magia antica, l’arcaicità misteriosa
delle rocce, il Raqama, come lui chiamava il suo viaggio,
documentato da alcuni splendidi libri, sullo spirito aleggiante nei
grandi anfratti modellati della natura, negli indecifrabili e rocciosi
Nuraghi.
E poi la sua pittura. Era come il Raqama, disegni del tempo sul
granito che aprivano all’interrogativo, alla riflessione.
Ogni sua opera una domanda che lasciava aperta la risposta al
dibattito, all’approfondimento. I monocromi della tela erano interrotti
da pochi colpi di bianchi ghiacciati, da linee trasversali
che significavano muri od ostacoli, o linee parallele che significavano
l’orizzonte, l’infinito, l’inconscio.
In questa immensità di monocroma notte universale brillava una
stella di bianco lucente: era quella di Francesco Aramu.”
Dott. Prof. Falossi Giorgio, 11 Giugno 2007
Federazione Nazionale Esperti e Critici d’Arte “FENESPART”
Prof. E. Arslan archeologo sulle “CONCHE” galluresi e su “RAQAMA”
Francesco Aramu si muove sulla propria terra, la Sardegna, con una profonda istintiva conoscenza non solo dei luoghi, ma anche dei “segni“ che le forze della natura, il tempo, gli uomini hanno lasciato. Ritrova le “Conche“, formazioni rocciose naturali, modellate dal vento, dalla pioggia, dal calore del sole, scavate talvolta a formare cavità profonde. L’uomo del remoto passato, così come il pastore sardo di ieri, ha frequentato queste “Conche“, ha aggiunto la propria opera a quella della natura, scavando, smussando, creando diaframmi, divisioni, creando vere e proprie abitazioni. In questa presenza umana sono le premesse della convergenza con la sensibilità dell’archeologo, attento al territorio e alla registrazione dei segni. Si è quindi definito un percorso comune di Francesco Aramu con Giovanni Lilliu o con Angela Antona, o con chi scrive queste righe. Presupposto naturale, per la formazione delle Conche appare la grande malleabilità del materiale: la natura, nel modularne le superfici, si rivela come grande scultore, che riconosce le ragioni interne delle formazioni naturali. Questa azione, su tempi geologici, si sviluppa determinando una perfetta convergenza di tutti gli aspetti dell’habitat naturale. La roccia, la flora, la luce, i fenomeni atmosferici si compongono sempre in perfetta armonia, che si propone come campo ideale per l’occhio del fotografo, altro lettore, con l’artista del segno e della pietra, delle ragioni fondamentali del reale. Ma la lavorazione del vento, della pioggia, sono solo una premessa. Nei tafoni, altro nome delle Conche, appare sempre il “segno“ dell’uomo, che li fa propri, inserendosi negli scarni, essenziali interventi: qualche scavo della roccia, l’adattamento delle superfici, la creazione di diaframmi murari, di semplici gradini. Ma gli interventi sono stravolgenti. Sempre l’uomo, creando la propria dimora, si poneva in perfetta armonia con il territorio e le sue emergenze: natura e uomo furono così per millenni complementari. L’uomo viveva nella natura e con la natura. L’uomo rispettava la natura ed in essa si riconosceva. Questo fenomeno Aramu lo ritrova anche altrove, come nei massi erratici, fenomeno caratteristico dell’alta Lombardia. Essi, pur con modalità di formazione diverse (sono legati ai fenomeni delle glaciazioni), giungono a creare forme simili alle Conche e sollecitano l’interesse dello scultore, che riconosce la loro profonda coerenza con i fenomeni della sua terra.
I massi erratici sono stati decimanti dal “progresso“: trasformati in materiale da costruzione, solo in età recente pochi superstiti sono ufficialmente protetti. Simile, anche se meno drammatico, è stato il destino delle Conche sarde. L’occupazione del territorio da parte di gruppi umani culturalmente connotati in modo non tradizionale e la trasformazione della società pastorale hanno spento l’attitudine istintiva al rispetto della natura e dei segni dell’uomo in essa.
Molte Conche sono state cancellate. Altre sono state stravolte da interventi maldestri: talvolta con materiali impropri.
I superstiti sono però ancora molti, di bellezza e significanza impressionante, immersi in un paesaggio non ancora decomposto. Tra di essi Aramu e Giovanni Ricci, con le loro macchine fotografiche si muovono, attenti alla registrazione dell’equilibrio armonioso, vitale e talvolta violento, di questo mondo minacciato dal “progresso“ e dal tramonto delle antiche culture.
Aramu sembra ritrovare nelle Conche quasi un grembo materno, protettore. Vi ritrova i percorsi del proprio linguaggio, del suo essere “creatore di segni“, ed anche del suo essere sardo. Ritrova se stesso nei segni lasciati dall’uomo nelle cavità ombrose.
Da queste forme trae le ragioni dei “segni“ necessari con i quali crea le sue opere, lette con tanta sensibilità da Wally Paris, non solo validissime in quanto documenti di “arte contemporanea“, ma anche testimonianza di coerenza con il proprio mondo, con le proprie tradizioni, con l’intervento dell’uomo, dei “padri“ nella notte dei tempi, sulle rocce modellate dalla natura. Gli stessi “padri“ che infondevano il proprio spirito nelle loro costruzioni, nelle “Tombe dei Giganti“ e nei Nuraghi di Sardegna.
Ermanno A.Arslan
Già Soprintendente del Castello Sforzesco e Direttore del Museo Archeologico di Milano, Civiche Raccolte Archeologiche
RAQAMA4
....Nelle luci suggestive di una notte lunare nel punto in cui l'alba sta per affacciarsi all'orizzonte d'oriente, una situazione di contrasto che sfuma nella compenetrazione di alcuni elementi (il pavimento,la ringhiera,il cielo). E ciò per indicare, col dovuto rigore di linguaggio, come l'ansia di riconquistare la medesima purezza anche
al letto violato, che è simbolo di una realtà talvolta sordida, sia così presente da implicarne l'ideale riscatto.
Il racconto si svolge in termini misuraytamente figurativi, improntati alla ricerca dell'essenza pur nell'analisi dei particolari carichi di significati allusivi.
Si è in bilico tra il metafisico e il surreale, ma con l'attenzione fissa al motivo che drammaticamente incombe.
Un dramma che si placa allorquando la stanza afosa si converte in terrazza e
si affaccia al mare, liberandosi di ogno scoria e respirando la vita.
Mario Monteverdi Critico e storico d'Arte
Da "Mediterraneo, respiro di vita"
Serigrafia in 12 colori
"Mediterraneo, respiro di vita"
...."Copiare il vero è un'arte, ritrarre lo spirito delle cose è la vera spiritualità e tu ci sei riuscito magistralmente".
*Pitigrilli -pseudonimo di Dino Segre- Letterato,Giornalista,appassionato d'arte
"...Le figure, emblematiche, ci appaiono come in attesa: "Aspettando Godot". Quel Godot di Jonesco che altro non è se non l'idea di una irraggiungibile risposta..."
*Vittoria Palazzo, poetessa;
presentazione pag.71 de "l'eden tradito", ediz. S'Alvure, collana
artisti sardi nel mondo.
E' un "esterno stanza", ma c'è qualcuno all'interno che guarda il "paradiso Sardegna" fuori? O c'è stato ed è "momentaneamente assente"?
O qualcuno arriverà?
Aramu è indubbiamente una delle più sconcertanti personalità artistiche che sia dato incontrare nel mondo della pittura moderna;
è fiaba, irrealtà -presenze-assenze- o solo ritorno alla purezza?
*Franco Solmi critico d'arte e saggista 1988
Parlare della pittura di Aramu è un'impresa piuttosto complessa, si è di fronte ad una espressività la cui lettura comporta una particolare consapevolezza culturale. Una pittura che possiamo considerare figurativa, ma di quel figurativismo che potrebbe sembrare vicino alle composizioni astratte...gli elementi fantastici e oggettuali si fondono...il figurativo di Aramu è il più vero poichè ricerca intimistica e trascendentale motivate dalla incombente incertezza dell'esistenza quotidiana.
*Franco Luckembrach
Tutzing - West Germany e Monaco Baviera
Su Aramu agisce lo stimolo irreale della quotidiana metafisica.
Questo Artista ha saputo dare traduzione al mito delle solarità mediterranee riconducendolo alla misura del decadimento europeo...egli fonde le tecniche consolidate con impressionante coerenza artistica, con spasmodica umanità, propria di un Artista severamente maturato.
Scava in fondo al nostro animo e ne scopre i reconditi segreti, portando l'interlocutore in un ideale mondo di poesia.
*Franco Solmi critico d'arte
Artisti italiani del '900