Ritratti Espressionisti
Personale di Pietro Beretta
Ventotto sono i “Ritratti espressionisti” esposti alla Galleria Café Imagina, a cura di Roberta Reali, solo una parte della produzione di opere che Pietro Beretta, ingegnere, ha dipinto tra il 2019 e il 2020. Nelle opere esposte, Beretta ha infuso l’esperienza della pittura come espressione di una matissiana joie de vivre, di un élan vital condiviso con la moglie, nota interior designer, Annagret Engelberger per quasi un ventennio, che ha dato origine anche a un buon numero di ceramiche e assemblaggi realizzati con objet réfusé. In questa nuova serie di pinakes il pittore affina gli strumenti di cui si era servito negli anni precedenti: la materia terragna e sabbiosa dei grandi quadri ispirati a Tàpies e Burri, gli strati di carta déchiré sulla scia di Villeglé e Rotella le campiture piatte e le “sculture” Brut realizzate con Annagret. La stesura raw dei materiali si arricchisce di velate trasparenze, contrasti simultanei, illuminazioni improvvise: effetti cromatici straordinari ottenuti con la complicità dei pigmenti acquistati durante un viaggio in Marocco e utilizzati parsimoniosamente nei lavori materici. La scelta dei soggetti rimanda a un neo primitivismo oggi territorio della Street Art, ma che nel passato ha accomunato pittori quali Matisse, Van Gogh, Gauguin, Rousseau, e poi fauves ed espressionisti come Van Dongen, Vlamink, Jawlensky e Werefkin, che soggiornarono nel teosofico Monte Verità, polo dell’Utopia e della cultura internazionale nel primo Novecento (Arp, Jung, Bakunin, Nietzsche, Max Müller, Kéreni, Isadora Duncan, Von Laban, Mann, Hesse), nonché luogo di nascita e di prima formazione dell’artista che si ritrova come genius loci e riferimento culturale nelle sue opere in modo deciso, vitale e talvolta ricco di ironia. Aure e sottili velature psicologiche illuminano i volti fortemente caratterizzati di uomini e donne emersi dall’inconscio dell’artista, plasticamente incisi e semplificati con segno sicuro. La singolarità dell’icona rimanda a poetiche Outsider, Naïf e Brut, a Chaissac e Dubuffet, a Schärer e Baj e ai contemporanei Condo, Basquiat, Valdés, talora recando memoria del mondo classico, rinascimentale e barocco, e confluendo infine nel ritratto corale di una contemporanea Spoon River APPROFONDIMENTO SULL’AUTORE Pietro Beretta nasce ad Ascona, nel Canton Ticino, il 27 novembre 1942 - «Lo stesso giorno di Jimi Hendrix». Compiuti gli studi classici si laurea in ingegneria al Politecnico di Monaco e inizia a dirigere la Birreria Nazionale Locarno, fondata nel 1854 dal nonno Efrem. A casa si respira il clima delle avanguardie, grazie alla madre, Caterina Beretta Giese, «appassionata libera pensatrice» e ceramista, che frequenta il filologo Karol Kéreny e la pittrice Marianne Werefkin, vicini a Kandinsky, Klee, Jung e alla filosofia delle comunità teosofiche dell’attiguo Monte Verità. Pietro compie i primi passi nel mondo dell’arte nella fabbrica di ceramiche fondata dai genitori e conosce lo zio paterno, il pittore Emilio Maria Beretta. Da sempre appassionato dei classici dell’arte, è all’incontro con Harald Szeeman (1978), di cui sostenne la mostra “Monte Verità” in veste di Presidente della Giovane Camera Economica Svizzera, che l’imprenditore inizia a interessarsi all’arte contemporanea. In seguito alla chiusura della Birreria (1982), Pietro comincia a praticare la pittura insieme alla seconda moglie, l’arredatrice d’interni Annagret Engelberger, attraversando per un ventennio i generi, dal materico-astratto (Tapies, Burri) all’Art Brut e dall’ironia Pop al Nouveau Realisme. Alla morte di Anna, seguono due anni di silenzio, dal quale nel 2019 nascono i “Ritratti espressionisti”, ricchi di humor, pathos e suggestioni tratte dal fare arte delle avanguardie, il cui eco rimanda alla prima formazione dell’artista nell’aura del genius loci di Monte Verità
Hai bisogno di informazioni?
Vuoi chiedere maggiori informazioni? Lasciami un messaggio, risponderò al più presto