VITTORIO SGARBI
C'è il matto, il pagliaccio, il muto e il sociopatico. C'è il genio, il filosofo, il disperato e l'ottimista. C'è il ragazzo solitario, la bambina col broncio, l'anziano che medita sul passato e la cicciona simpatica. C'è la famiglia aristocratica in posa per la foto e quella povera che si disperde tra la folla.
Un ventaglio di volti si dispiega tra le opere di Enrica Toffoli, ognuno diverso, ognuno caratteristico di questo nostro mondo, ognuno spaventoso e intrigante a suo modo.
Nata tra le montagne e la valle del Piave, Enrica Toffoli non si è spostata di molto, solo di comune, e oggi vive e lavora a Calalzo di Cadore. Intrigata dall'arte fin da bambina, l'ha sempre cercata, prima seguendo gli insegnamenti scolastici, poi da autodidatta.
Le sue opere hanno preso parte a diverse esposizioni collettive, in Italia e all'estero, riscontrando ampi apprezzamenti da critici e collezionisti di prestigio.
Fedele da sempre al figurativo, Toffoli ha appreso pienamente le lezioni dei grandi maestri della tradizione italiana: l'importanza del disegno e dello studio della composizione, affinchè tutto risulti armonioso e in equilibrio, e appaia, quindi, concreto e reale sulla tela.
Fatto tesoro di questi precetti fondamentali, l'artista cadorina li porta poi fino all'estremo, fino all'Ipperealismo. Con la medisima potenza di uno scatto fotografico, riporta i suoi soggetti in primo piano, estraniandoli dal contesto, per catturarne immagini senza tempo.
La sua mano scivola morbida su tele, tavole, cartoni e lamine d'acciaio, e muove il pennello ponendo cura e attenzione al minimo dettaglio.
Con colori corposi, intensi e ricchi di luce, definisce i profili dei suoi soggetti, fino a tirarne fuori l'anima.
Ed è quest'ultima che Toffoli vuole indagare e farci conoscere. Sono uomini e donne, anziani e bambini, talvolta in posa, ma più spesso con espressioni a gesti di assoluta spontaneità, colti come di sorpresa, in attimi rubati alla quotidianità della loro vita.
Al suo occhio da artista matura non sfugge nulla, e riesce a riportare, non solo volti e corpi, ma personalità, caratteri e stati d'animo.
Qualche volta concedendosi anche una leggera ironia.
"Isabella" è serena, i suoi occhi cerulei risplendono più della luce del sole che arriva dalla finestra; la notte è, invece, inquieta per Eillen che si ritrova nuda e sola, aggrappata con forza a un lenzuolo, in una stanza troppo stretta per tutti quei pensieri; "Cesira" è di un paese lontano ancora legato a tradizioni e antiche credenze, è anziana, ingenua e felice, "Il Matto" ha occhi spiritati e nella mente una spirale di colori.
Impossibile non notare, infine, gli omaggi agli artisti da lei probabilmente ammirati, come tamara de Lempicka in "Felicita e Autumne", gustave klimt in "Credo" e Xavier Bueno in "Aurora".
Vittorio Sgarbi [Critico d'Arte]
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