I giochi del destino
Racconto per adulti, 2009
Quando Marta la mia migliore amica, mi chiese di andare con lei a fare volontariato, non ne fui entusiasta, ma accettai ugualmente.
Ci recammo in una di quelle associazioni dove ospitano i senzatetto. Lì dovevamo aiutare in cucina, servire ai tavoli e soprattutto fare conversazione con queste persone. Insomma tenergli un po’ di compagnia e aiutarli anche moralmente.
Pensavo che come insegnante, sarei stata in grado di svolgere compiti simili. Eppure, mi ritrovai seduta in un angolo a fissare nel vuoto. Ero completamente a disagio e continuavo a chiedermi , come avessi fatto a farmi coinvolgere. Mi resi conto che non ero assolutamente portata per queste cose, forse perché troppo giovane e mentre pensavo, sempre più convinta, di alzarmi e andare via, un’anziana signora si accostò a me.
“E’ nuova di qua? Non l’ho mai vista” mi chiese squadrandomi da capo a piedi.
“Sì, è la prima volta che vengo” risposi seccata.
“Non deve vergognarsi. Ci siamo passati tutti. Qui troverà tanta brava gente disposta ad aiutarla”.
Come una molla, mi alzai di scatto “Credo che abbia frainteso. Io non sono una poveraccia! Sono qui per dare una mano” urlai risentita.
Tutti si voltarono a guardarmi.
Stizzita, umiliata e arrabbiata, corsi via. Non ne volli più sapere del volontariato e di quell’associazione, nonostante i vari tentativi della mia amica di farmi cambiare idea.
Passarono i mesi e mi ritrovai perdutamente innamorata di un misterioso uomo, che mi fece lasciare il lavoro e la mia casa per dedicarmi solamente a lui. Era un tipo un po’ brusco e prepotente che non amava molto parlare di sé, ma anche forte e deciso. Forse un po’ troppo. Dopo qualche tempo che abitavamo assieme, infatti, iniziò ad ubriacarsi e picchiarmi regolarmente, per futili motivi. Come se non bastasse, un giorno arrivò in casa la polizia che frugando dappertutto, trovò diversi grammi di droga, pronta per essere venduta.
Tutto il mio mondo, crollò in un momento.
Per uno strano gioco del destino, mi ritrovai una sera a varcare la soglia di quella famosa associazione. Questa volta però, non ero lì per fare del volontariato.
Appena entrata mi diressi subito verso un ragazzo, poteva avere all’incirca diciotto anni. Il suo nome era Angelo e fu molto premuroso ed attento nei miei confronti. Instaurammo da subito un bel rapporto. Mi sembrava di conoscerlo da una vita. C’era qualcosa in lui che mi attirava e mi dava molto fiducia. Tutte le sere si presentava all’associazione e mi chiedeva se avessi bisogno di qualcosa. Si prodigava per me come fosse un parente, cercando nei limiti del possibile di farmela avere.
Dopo un mese di quella non vita, mi indirizzò verso una scuola materna privata che cercava un’insegnante. Il colloquio fu solo una formalità. L’indomani iniziai a lavorare. Stavo riacquistando sicurezza e forza, grazie anche agli incoraggiamenti di quello sconosciuto entrato prepotentemente nella mia vita. Quel ragazzo venuto dal nulla; che nel nulla spariva all’uscita dell’associazione e di cui nessuno sapeva niente.
Dopo un altro mese, mi diede un biglietto con l’indirizzo di una signora.
“Ha un piccolo appartamento da affittare. Domani dopo il lavoro, recati subito da lei”.
Gli ubbidii e come in trance, l’indomani pomeriggio suonai al campanello dell’indirizzo sul biglietto.
Mi aprì una signora sulla settantina, molto ben vestita. “Sì, ha bisogno?” domandò con aria interrogativa.
“Mi hanno detto che ha una casa da affittare. Sono qui per vederla” risposi un po’ titubante.
L’espressione sul viso della donna divenne ancora più sospettosa “Chi glielo ha detto?”
“Angelo, un volontario dell’associazione per i senzatetto. Ieri sera mi ha dato questo biglietto, dicendomi che lei aveva una casa da affittare”,
La donna si portò le mani al volto e tutta rossa in viso disse “Come ieri sera?” e continuando con tono sbalordito “La casa si è svuotata solo oggi a mezzogiorno e per puro caso. Ci abitava un giovane. Ha ricevuto una telefonata per un lavoro dall’altra parte del mondo ed è partito all’improvviso, lasciandomi libero l’appartamento. Nessuno quindi poteva saperlo”.
Proseguì un lungo silenzio, durante il quale ci studiammo a vicenda.
Alla fine, la signora come spinta da una forza misteriosa anche a lei, mi accompagnò nella famosa casa ed aprendo la porta, sospirò: “La misericordia del Signore ha mille strade e mille volti”.
Quella sera corsi da Angelo per dargli due belle notizie. Arrivata all’associazione però non riuscii a trovarlo. Una delle cuoche mi disse che era appena uscito, ma che se ero fortunata, l’avrei trovato alla fermata del metrò. Così fu.
“Angelo, stai andando via?”
“Sì. Qui penso di aver finito il mio lavoro” rispose serio.
“Ti rivedrò ancora” domandai speranzosa, tanto mi ero affezionata alla sua presenza.
“Sì, certo. Passerà molto tempo ed io sarò un po’ diverso. Ma ti ricorderai di me” sorrise facendomi l’occhiolino.
“Ti volevo dire che ho preso la casa in affitto e che…………”
Arrivò il metrò. Lui salì e mentre le porte si chiudevano, udii una frase coperta dal rumore sibillino del mezzo in movimento. Una frase molto strana. Perché mai mi avrebbe salutato dicendomi: “Ciao e grazie mamma cara”. Non glielo avevo neanche detto che ero incinta.
La mia vita aveva di nuovo un senso. Avevo un lavoro, una casa ed un figlio. Alla sera appena potevo, andavo all’associazione a dare una mano, ma di quel ragazzo non ci fu mai più traccia. Da quell’esperienza, avevo imparato molto. Ero diventata più aperta, generosa e attenta alle necessità del prossimo. Avevo imparato qualcosa di molto importante, il significato della parola solidarietà, che può venire da un gesto, una parola, un sorriso. Ho imparato come sono importanti queste associazioni e come sono uniche le persone che vi prestano l’opera, senza nulla chiedere.
Il tempo trascorse velocemente. Quella sera festeggiavo il compleanno di mio figlio. Andai in cucina a prendere la torta per sistemare le diciotto candeline. In sala mi attendeva mio marito, mio figlio e tutti i suoi amici. Appoggiando il dolce di fronte al festeggiato, ebbi un sussulto. Non mi ero mai accorta della straordinaria somiglianza con il ragazzo incontrato tanti anni prima all’associazione. Quel ragazzo a cui dovevo la mia vita.
Soffiando sulle candeline mio figlio, alzò lo sguardo e percependo i miei pensieri, fece l’occhiolino dicendomi: “Grazie mamma cara”.
Come illuminata, risposi: “Grazie a te, Angelo mio”.
Informazioni generali
- Categoria: Poesia
- Codice: ET0081
- Eseguita il: 2009
Informazioni tecniche
- Stile: Racconto per adulti
- Supporto: Racconto per adulti
Informazioni sulla vendita
- Disponibile: no
Informazioni Gigarte.com
- Codice GA: GA18374
- Archiviata il: 23/04/2009
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