La scoperta di “altri universi imprevisti” in una raccolta poetica ispirata all’amore
DONATO NITTI, Altri universi imprevisti, Gazebo, 2022 «Quello che mi sorprende, ogni volta, / è che le stesse lettere possono dire / d’amore e di guerra, di lacrime e di gioia. // Dipende in che ordine le scrivi», suggerisce Donato Nitti in una delle prime poesie della raccolta, introducendoci così alla materia del canto. Perché l’ordine che egli segue in Altri universi imprevisti riempie senza dubbio tutte le caselle dell’amore. Una forza, questa, più potente del tempo, della Storia e delle storie concretamente agite dall’uomo e dalla sua fatica. La semantica dell’amore, in realtà, è semplice: implica il ri-conoscersi, l’accettare il rischio di un viaggio che non solca distanze geografiche ma si incardina nelle profondità dell’anima passando il varco degli occhi. Propri e altrui: «Guardo il mondo con i tuoi occhi / e lo vedo fiorire... // Guarda il mondo con i miei occhi / e vedrai le azzurre infinità / che navigheremo insieme». È da qui che occorre partire, da questo mistero svelato quasi alla fine della raccolta, sussurrato piano, in due soli versi, scolpiti sulla pietra miliare che rivela la direzione dell’andare: «Nei tuoi occhi / altri universi imprevisti». Poesia ellittica, perché al lettore è sempre concesso il privilegio di inventarsi il senso che più gli è caro, o anche, semplicemente, restare in silenzio a meditare quell’assenza, quella libertà. La “poetica dello sguardo”, che attraversa secoli di poesia e di poeti, riecheggia nelle atmosfere stilnovistiche di «Ti auguro / ... armonia, perché la diffondi / col semplice tuo passare, / e tutti ti ammirano», si riveste di dantesco stupore – «Una sera d’inverno / ebbi una visione, / due soli, forse stelle, / insieme, non più solitari. // I tuoi occhi» –, approda fino ai nostri tempi nel dialogo a distanza (ma non troppa) con le prospettive metaforiche proustiane – il Proust conosciutissimo de “La Ricerca del Tempo perduto” e de «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi» ma qui anche e soprattutto autore di versi d’amore che attribuiscono alla donna e ai suoi occhi un potere quasi metafisico («pezzi di cielo nell’acqua / contornati dall’ombra del tiglio o della betulla») – e insieme con la concretezza sincera di un panico riverbero di quotidiano vivere, un farsi avanti delle cose di ogni giorno che nella reciprocità del sentimento diventano simboli, elementi sinonimici e metafore (in un conversare sempre aperto con W. Szymborska, poetessa polacca cui diverse liriche della raccolta sono esplicitamente “ispirate”). L’amore, dunque, quale “dizionario” capace di comprendere tutti i vocaboli del mondo, di declinare secondo i suoi casi anche il tempo. Perché è l’amore a curare le ferite dell’uomo, non lo scorrere delle ore. Tutt’al più, si potrà concedere alle lancette il tocco di una circolarità perenne, un ritmare concorde (cum cordis) al rumore delle acque che spingono il Poeta su rotte di «infinite possibilità», alla ricerca del senso dell’esistere, del desiderio di essere, in un «viaggio leggero, / in cerca di segni». Le parole, quelle di oggi e quelle di ieri, illuminano la via. Ce lo ricorda bene Donato Nitti, con la semplicità raffinata e coltissima di una raccolta intima e insieme, come abbiamo avuto modo di accennare, ricca di continui, fertili rimandi, allusioni, note ispirate alla voce di una Musa senza tempo, che non ha mai smesso di soffiare il suo canto, oltrepassando i confini stretti di questo umano vivere. Erika Bresci
Erika Bresci
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