OpenARTmarket
Presentazione catalogo
Comunicato stampa
Titolo della manifestazione:
Presentazione catalogo e mostra openARtmarket
A cura di Antonietta Campilongo
Genere: Arte contemporanea
Concept a cura di Antonietta Campilongo
Testo in catalogo Nino Piacentini
Catalogo edito da Gangemi Editore
Organizzazione – Ufficio Stampa NWart
Periodo: dal 4 al 6 ottobre 2012
Sede: Sala convegni e mostre Gangemi Editore S.p.A
Indirizzo: Via Giulia 142
Città: 00186 Roma
Vernissage: giovedì 4 ottobre 2012 ore 17.30
Intervengono:
Francesco Giulio Farachi
Gianni Piacentini
Luigi Straffi
Artisti in catalogo:
Artisti Innocenti, Stefano Azzena, Rosella Barretta, Marco Bettio, Elisa Braconi, Agnese Bruno, Nello Bruno, Antonietta Campilongo, Adriana Cappelli, Flavio Casciotti, Cristina Castellani, Antonella Catini, Enrico Cuccioli, Massimiliano Doria, Ecocentriche (Annarita Mameli, Violetta Canitano), Daniela Foschi, Luciano Lombardi, MaquillageArt (Beppe Ligorio), Davide Mastrullo d1, Alessandra Marè, Sante Muro, Lucia Nicolai, Eugenio Rattà, Patrizia Ricchiuti, Claudia Rivelli, Angela Scappaticci, Antonella Spanò
Info:
www.openartmarket.it
www.gangemieditore.com
www.nwart.it
anto.camp@fastwebnet.it
Tel. 339 4394399 - 06.6872774
GIUSTA e PARI
di Nino Piacentini
Si vorrebbe capire se l’arte attiene davvero al sublime per cui sublimemente vada non solo trattata ma anche pagata, senza affatto tener conto di cifre (almeno dei decimali).
I vedenti, o insomma gli spettatori appassionati d’arte, a tratti abbagliati da tale sole estetico, da non poter essere distratti dai numeri, i quali non potrebbero nella loro limitatezza mai collimare con l’opra (anche perché forse le cifre non le competerebbero neanche), i vedenti, si diceva, potrebbero desiderare l’arte ed ottenerla ad ogni costo, come dei veri Cardinal Borghese disposti a tutto.
Col mercato si pretende (riuscendovi) di unire l’impalpabilità con la vile materia, lo spirito con il denaro. Dove il sublime dell’arte si muove sulle ruote del commercio, essendo quest’ultimo non proprio leggiadro ma fumante, a quanto pare. L’alchimia di unire lo spirito e gli spiccioli, pochi o tanti che siano, è un segreto da iniziati.
Si dirà però che anche l’arte è fatta di materie e fasi putrescenti, di setacciamenti e disseccamenti. Che l’artista contemporaneo ci suda su. Che il raggelamento delle cose d’arte avviene lontano dalle fucine degli Artisti Vulcani, riuscendo a stemperare e smorzare quegli spasmi ribollenti solo i mercati dove si prospettano scambi fruttuosi e vendite audaci.
Al confronto, un controllo parsimonioso della produzione artistica, a misura di un mercato pensato con gestione a scala umana, sembra troppo buonista o ingenuo. Fa tanto preraffaellita… E forse è così: il bene è semplice e sembra banale, se è vero che siamo attratti maggiormente dalla furbizia, dalle complicazioni e dall’osceno.
Gli eccelsi artisti (tranne qualche Gonzalez-Torres, per dire) non possono rapportarsi a questioni meramente economiche, ma ben le controllano per averle previste nella loro attività. Moralità, Etica ed Utopia si spendono e, in genere, valgono per l’oggetto dipinto, mentre non sembrano appieno necessarie nei contratti, negli scambi di merci e nella relazione con gli altri, cioè nei rapporti umani (“Ovvia, gli artisti possono essere cinici…”).
Meschini gli artisti che cedono il proprio lavoro e che ne sanno il destino.
O invece no: essi apprezzano che il percorso di ogni loro opera compiuta possa essere lungo e aperto, mentre auspicano che quello della pecunia verso di loro sia breve e diretto (se lo augurano in silenzio).
Da artisti si aliena per un tot l’opera, disposta in bella vista, come potrebbero ugualmente stare delle altre, affinché essa sia scelta, o meglio “adottata”, da un visitatore di mostre, un apprezzatore specifico, che confronti i lavori presenti e ne prediliga uno, lo salvi. Questo è il modo per dar valore al ruolo dello spettatore, al suo spirito critico, alla sua possibilità di confrontare e di portar via (se lo può, lontano e per sempre) l’oggetto del desiderio, quell’opera viva che non smette di irradiare raggi ammalianti.
In questo contesto, e così, interviene a modificare le consuetudini openARTmarket che sembra idealmente stampigliare sul retro dei lavori il marchio d’appartenenza ad un “circuito sensibile e critico”, un circuito di coscienza e di rapporti rifondati (non nostalgici) come si riscontrano sporadicamente. Se non fosse che la crisi globale spinge ad affondare il passo avanti con cautela (dove la vecchia spavalderia d’esploratore, di pioniere, di cercatore d’oro?), non arrischiandosi febbrilmente verso il futuro. Oggi essere guardinghi si impone. La misura, se non colma, deve essere almeno precisa, anzi GIUSTA.
Si provi, per curiosità di verifica, ma senza intento ironico, ad applicare gli articoli della Costituzione Italiana alle arti perché in essa anche loro sono espresse e contenute. La condizione che attiene all’Artistico risulterà di inusitata fierezza e vera sostanza. Condizione che raramente si riscontra nei fatti delle arti o che forse è troppo oneroso aspettarsi da chiunque. Scavando ci si trova purtroppo dentro la buca, pericolosamente. Sempre che non si sappia lavorare con la dovuta accortezza.
Dunque col titolo del presente progetto espositivo si vuol “Aprire l'arte al mercato”, un mercato (anche) minimo, misurato, addomesticato. Diverso dal mostro incontrollabile di cui non si dominano (si ignorano o si rifiutano) le strategie e il sistema.
openARTmarket è un titolo che funge da auspicio reiterato. In tempi tanto avversi, un auspicio di resistenza, intento di inalterata professione, di professionalità, che tiene in conto la nostra pochezza e volontà di coscienza. Coscienza di chi si avventura a cercare in tempi globali una possibilità di coesistenza con l’inavvicinabile gigante, salvaguardando incolumità e salute. In prospettiva di una tangibilità, di un vero contatto, di una misura, che vogliono far avvicinare due individui: l’artista con l’estimatore, in un primo incontro tra PARI.
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