OpenaArtMarket
L'arte tra promozione culturale e mercato
Progetto - evento aperto
OpenARTmarket
MISSIONE
Con OpenARTmarket, l’opera e l’artista rispettivamente prodotto e produttore d’arte escono dalla logica dell’eccezionalità e del collezionismo d’élite per diventare un mezzo di comunicazione sociale ed estetico a costi accessibile a tutti.
OBIETTIVI DEL PROGETTO
Dare all’arte la capacità di aprire nuovi spazi di dialogo, e far si che l’arte contemporanea sia sempre meno un discorso per pochi con meno timore reverenziale e più voglia di partecipazione.
In questo momento di grave difficoltà finanziaria l’arte soffre poiché l’opinione pubblica non ha maturato nei suoi confronti una sensibilità sufficiente a riconoscerla come una vera priorità.
Ci troviamo di fronte a una nuova situazione nella quale bisogna cercare canali diversi, nei quali le logiche di produzione nei prossimi anni probabilmente cambieranno.
Di fronte alla prospettiva di cambiamenti in cui si intrecciano l’emergere di nuove forme di committenza e di un collezionismo in grado di esercitare la sua influenza sul sistema dell’arte a livello globale, diventa ancora più importante e più stimolante per gli artisti riuscire a raggiungere nuovi spettatori poiché l’emozione di far entrare all’interno del gioco persone che non sono già sintonizzate su questo tema, sta diventando per molti artisti una vera urgenza, oltre che una grande opportunità per la società.
L’arti-star arrivato alla notorietà ed al successo, esaltato e supervalutato nei circuiti internazionali del grande collezionismo costituisce un’ambizione difficilmente raggiungibile per un pubblico d’estimatori di limitate capacità economiche. Dall’altra parte l’artista emergente che vive di/in ambiti alternativi è marginalizzato avendo poca visibilità. Egli vive con maggiori difficoltà la sua missione artistica poiché Il suo lavoro non è considerato economicamente produttivo e rilevante; allo stesso modo viene sminuito il valore intrinseco delle sue opere. All’opposto un mercato di “arte di riproduzione e replica” insieme ad una produzione diffusa di minore qualità è un’altra delle realtà surrogato a cui attinge un considerevole pubblico che ambisce ad avere “arte in casa” attraverso copie di quadri divenuti famosi o puramente decorativi. Si tratta evidentemente di un potenziale mercato che se re-indirizzato potrebbe recepire e rivitalizzare il lavoro degli artisti emergenti riconoscendo loro un ruolo ed un valore di produzione creativo.
La finalità di OpenARTmarket è dunque quella di creare un luogo dove stabilire un contatto diretto tra l’artista emergente ed il pubblico che si affaccia all’arte contemporanea; un luogo dove guardare, discutere, scegliere di comperare delle opere d’arte contemporanee a costi veramente praticabili. Questi sono proprio i due punti qualificanti dell’iniziativa: riconoscere all’artista la sua dignità e qualità di creatore d’arte retribuito per il suo lavoro e funzione sociale e consentire ad un pubblico di utenti interessati all’arte contemporanea la possibilità di acquisire opere di autentico valore artistico.
Si proporranno opere d’arte (pittura, scultura, installazione, fotografia, arte digitale, design.) in una fascia di prezzo che va da 49 a 999 euro.
IL PROGETTO
OpenARTmarket vuole essere un progetto innovativo nel mondo dell’arte contemporanea.
L’esposizione-mercato permanente, si terrà presso MostrArti, un luogo perfetto, al centro della città, per iniziare a scegliere opere per la propria collezione. I curatori di OpenARTmarket aiuteranno il pubblico a prendere l’arte con un po’ più di leggerezza, avvicinandosi alle tematiche ed agli stili espressivi seguendo anche il proprio istinto.
Si potranno trovare in questo nuovo spazio i lavori di artisti emergenti a livello nazionale ed internazionale con cataloghi e materiali di presentazione. Inoltre saranno realizzate periodicamente rassegne in cui saranno presentati al pubblico nuovi talenti.
L’idea di OpenARTmarket nasce dall’esperienza, dalla passione di Antonietta Campilongo, architetto e curatrice di eventi, che da anni è attiva nel settore organizzativo dell’arte contemporanea in Italia e all’estero; insieme a lei a dar vita a questo progetto troviamo partners di consolidata competenza nell’area dell’art-marketing.
Il team di OpenARTmarket promuoverà efficacemente gli artisti con la definizione di un programma mirato al loro inserimento e valorizzazione nel panorama artistico contemporaneo. Agli artisti si chiede in cambio di produrre opere accettando un’auto-regolamentazione delle quotazioni in linea con la filosofia che sottende l’iniziativa. Prezzi esposti per consentire la valutazione e la scelta dei pezzi in tutta tranquillità costituiscono una vera opportunità. L'acquisto d'arte è un atto di felicità, di gioia e ispirazione che nessuno dovrebbe perdere nella vita.
LA SEZIONE SPECIALE
Sarà rivolta all’arte del riciclo per promuovere un nuovo modo di pensare i nostri stili di vita consumistici. Attraverso la valorizzazione degli “scarti” come oggetti utili a vivere un’esperienza creativa ed educativa che rispetta l’ambiente, si conferirà nuova vita a materiali che altrimenti verrebbero buttati via perché apparentemente senza valore.
Al frequente interrogativo sulle diverse strade e finalità dell'espressione artistica, l’esposizione risponde con il preciso intento di sensibilizzare artisti e pubblico alle criticità ecologiche, sostenendo ogni percorso utile ad investire risorse ed energie nei processi di riutilizzo degli oggetti e dei materiali dismessi.
La missione e gli obiettivi saranno legati ad OpenARTmarket
Partner della sezione speciale Arte del riciclo è NWart sezione dell’Associazione NEWORLD da sempre presente nel panorama artistico con la finalità di seguire le problematiche sociali ed ecologiche del nostro tempo.
INFORMAZIONI
OpenArtmarket presso Spazio mostrArti - Via Santa Maria in Monticelli 66 – 00186 Roma (largo Argentina)
Periodo programmato: 19 novembre 10 gennaio 2012
Inaugurazione: Sabato 19 novembre ore 18.00
Orari della galleria: dal lunedì al sabato ore 16.00 20.00
Riferimenti:
Antonietta Campilongo Tel. 339 4394399 - Fax 0699938676
Marilena Fineanno Tel. 393 3298266
anto.camp@fastwebnet.it - info@mostrarti.it
www.nwart.it - www.mostrarti.it
PERCHÉ LA CULTURA HA BISOGNO DI NUOVE FORME E NUOVI SPAZI DI DIALOGO?
Testi tratti da: Tafter Journal
Monti&Taft
Rapporto 2011 sul mercato dell’arte moderna e contemporanea
Un dato interessante emerge dal Rapporto 2011 sull’arte moderna e contemporanea realizzato dall’Osservatorio sul Mercato dei Beni Artistici Nomisma e presentato il 31 gennaio a Bologna durante l’evento ArteFiera. Si tratta di una lieve crescita del comparto che nel 2010 ha movimentato un giro d’affari di quasi 158 milioni di euro, circa il 2,7% in più rispetto allo stesso dato del 2009, anno in cui si registrò un calo astronomico del 60%.
Nel primo semestre del 2010, periodo analizzato nella ricerca, si evince infatti una predominanza degli acquisiti d’arte nelle gallerie con una sostanziale ripresa degli acquisti nelle case d’aste che si sono rivelate luoghi d’investimento adeguati in un contesto caratterizzato da una crisi economica galoppante. Le principali regioni italiane nelle quali si sono registrate vendite sostanziose di opere d’arte sono state Lombardia, Veneto e Piemonte (77,13% sul totale degli scambi) mentre drammatica appare, negli ultimi anni, la situazione di Basilicata, Calabria, Umbria e Sardegna in cui praticamente non vi è stata neppure un’operazione di vendita di opere d’arte moderne e contemporanee.
Tra i possibili asset d’investimento, l’arte sta mostrando buoni risultati, non paragonabili ancora al settore immobiliare o agli investimenti in oro, che continuano a rappresentare la scelta prediletta dalla maggioranza della popolazione italiana, ma che comunque supera la quota dell’investimento in azioni. Investire in opere d’arte è quindi redditizio? Sembrerebbe proprio di sì, a patto naturalmente di saper scegliere su cosa investire e in che momento. Non a caso, grandi aziende e gruppi bancari si dotano sempre più spesso di consulenti esperti in grado di guidare la scelta di acquisto di opere d’arte, garantendo così rendimenti finanziari bilanciati ai livelli di rischio del mercato.
Ad esempio, se nel 2006 avessimo investito 1 euro in un’opera d’arte contemporanea, avremmo oggi un rendimento di 1,04 euro (+0,4 euro), 0,82 euro se avessimo investito in un’opera d’arte moderna, 1,14 euro su opere d’arte compravendute sul mercato internazionale (scambi), 0,60 euro sul mercato borsistico italiano, 0,98 euro su quello statunitense, 1,02 euro sul mercato immobiliare, raggiungendo il picco massimo di rendimento con i 2,30 euro per investimenti nell’oro.
Risultati importanti che mostrano come la crisi, abbia sì intaccato il mercato dell’arte (si vedano al proposito le alte flessioni percentuali del 2009), che però ha comunque saputo reagire, così come dimostrato dai dati che indicano un incremento del “grande collezionismo”, ovvero della compravendita di opere del valore superiore ai 20mila euro. In quest’area troviamo le performance finanziarie dei grandi autori italiani come Lucio Fontana, Alighiero Boetti e Mario Schifano che si attestano come i tre artisti più venduti nelle case d’asta italiane, mentre Igor Mitoraj, Mimmo Rotella e Antonio Zoram Music, sono i più acquistati nelle gallerie d’arte.
I collezionisti nel frattempo aumentano e non solo tra gli operatori e i professionisti del campo. In crescita infatti, il numero di chi colleziona per puro piacere e investimento, dotandosi di opere d’arte di grande prestigio che permettono rendimenti fruttiferi a lungo termine.
Tuttavia come messo in evidenza dal rapporto Nomisma 2011 il mercato italiano dell’arte risulta essere “ancora sottile e frammentario, soprattutto se si pensa alla dimensione economica raggiunta dalle transazioni” – stimata in poco più di 1 miliardo di euro- “rispetto ad altri settori dell’economia italiana (l’immobiliare, per esempio, vale circa 110 miliardi di euro annui)”. Un risultato che risente della rilevante quota di scambi sommersi e che potrebbe essere migliorato catturando l’attenzione di nuovi investitori e collezionisti, puntando magari su eventi di richiamo internazionale come ArteFiera, divenuta ormai un punto di riferimento per il moderno e il contemporaneo in Italia.
Rapporto Annuale Federculture 2010
E’ una denuncia severa quella con cui si apre l’ultima edizione del rapporto che ogni anno Federculture dedica al sistema italiano dei beni e delle attività culturali: viviamo in un Paese che ha abdicato alla cultura a favore di uno stato di intorpidimento generale, che abbassando le nostre autodifese intellettuali ci induce a credere che il nostro immenso patrimonio di conoscenze, saperi, tradizioni sia un oggetto superfluo che possiamo accantonare per far posto a qualcosa di più utile e concreto. Una situazione che è progressivamente peggiorata nel corso degli ultimi anni, in concomitanza del ruolo sempre meno rilevante giocato dal settore culturale nelle politiche di sviluppo nazionali – a loro volta latitanti – e che rischia di generare conseguenze devastanti perché un popolo senza cultura è un popolo destinato a non avere futuro.
Prima ancora che all’attribuzione di un valore economico, è al riconoscimento del valore sociale della cultura che puntano i contributi raccolti nel volume, al fine di mettere in evidenza non soltanto la capacità di generare reddito racchiusa nel settore dei beni e delle attività culturali, ma anche il suo essere uno strumento straordinario di programmazione politica, capace di rafforzare il senso di appartenenza al proprio territorio, migliorare la coesione sociale all’interno di una comunità, facilitare il raggiungimento del benessere collettivo.
Per dimostrare quanto distante sia l’Italia dalla conquista di questi importanti obiettivi e quanto poco la politica abbia fatto per trasformare la cultura in un asset strategico per la crescita economica e sociale del nostro Paese, il Rapporto Annuale Federculture 2010 parla di una nazione che negli ultimi cinque anni ha visto ridursi di oltre il 30% l’intervento finanziario dello Stato a sostegno della cultura, con una dotazione del Ministero per i Beni e le attività culturali che dai 2.201 milioni di euro del 2005 è passata ai 1.509 milioni di euro previsti per il 2011, prospettando una riduzione dell’investimento statale di 58 milioni di euro per ogni anno dal 2011 al 2013. Una manovra finanziaria che si ripercuote sulla spesa per la cultura degli enti locali, che vedranno ridursi l’entità dei trasferimenti economici in loro favore: se le Regioni dovranno fare i conti con un taglio di 4 miliardi di euro per il 2011, le Province subiranno una riduzione degli stanziamenti di circa 300 milioni di euro e i Comuni una diminuzione di poco inferiore agli 1,5 miliardi di euro.
L’Italia appare poco competitiva, caratterizzata da una capacità di innovare ridotta ai minimi termini, come lasciano trasparire i risultati poco soddisfacenti ottenuti dal nostro Paese rispetto alle analisi condotte dal World Economic Forum per stimare la competitività globale. Pur rientrando tra le economie innovation-driven, ossia tra quei paesi che basano la propria propensione a competere sull’innovazione tecnica e tecnologica – e quindi sulla cultura e sulla creatività – l’Italia risulta essere al 48esimo posto nella classifica generale 2010 che misura l’indice di competitività globale, confermando la sua posizione di paese europeo più basso in classifica. Ma il nostro Paese riesce a fare anche peggio per quanto riguarda la rigidità del mercato del lavoro, dove siamo addirittura 117esimi su 133 nazioni, per le caratteristiche dell’ambiente istituzionale, che ci posizionano al 97esimo posto, e per lo scarso investimento in istruzione superiore, formazione universitaria e post-universitaria, dove ci classifichiamo ultimi rispetto ai principali paesi europei. Un dato quest’ultimo tristemente confermato anche dalle rilevazioni dell’Ocse, in base alle quali l’Italia risulta essere il penultimo paese della classifica Ocse per ciò che concerne la spesa per l’istruzione in rapporto al PIL, pari al 4,5% a fronte di una media Ocse del 5,7%. L’Italia spende in istruzione il 9% della spesa pubblica totale rispetto ad un media Ocse del 13,3%, con una percentuale di laureati tra i 25 e i 64 anni pari alla metà della media europea.
Per quanto sta accadendo oggi in Italia, sembra che il comparto dei beni e delle attività culturali abbia smesso di servire al presente, relegato così com’è in fondo all’agenda politica nazionale e tacciato di essere improduttivo e notevolmente oneroso – in termini di costi e di tempo – per un’economia in crisi. Eppure, mai come adesso, la cultura dovrebbe essere al centro della res publica per non rischiare che tutto diventi “cos’e nient”.
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