TI RICICLO IN ARTE/Storie di plastica, carta, alluminio e vetro - L'arte rende sacro
II Edizione – Capranica (VT)
Comunicato stampa
In allegato la locandina della mostra
Genere: Arte contemporanea - collettiva
Titolo: TI RICICLO IN ARTE/Storie di plastica, carta, alluminio e vetro -
capitolo secondo.
Periodo: dal 5 al 14 luglio 2008
Sede: Chiesa Romanica di San Francesco
Indirizzo: Piazza San Francesco
Città: Capranica (VT)
Vernissage: sabato 5 luglio 2008 ore 18.30 (Cocktail)
Orario di apertura: lunedì / Domenica: h. 16.00 - 20.00
Ingresso: libero
A cura: Antonietta Campilongo
Progetto di N E W O R L D ART
Idee e progetti per un mondo sostenibile
Testi: Francesco Giulio Farachi
Presentazione: Pier Maurizio Greco
Artisti:
Simona Abruzzini, Roberto Angiolillo, Rosella Barretta, Gian Paolo Bonani, Sara Bonetti, Marco Bonura, Elena Bonuglia, Nello Bruno, Maria Cecilia Camozzi, Antonietta Campilongo, Adriana Cappelli, Silvia Castaldo, Antonella Catini, Enzo Correnti, Anna Costantini, Arianna De Benedittis, Paola de Santis, Alfredo Di Bacco, Daniela Foschi, Ambrogio Galbiati, Marco Gerbi, Pier Maurizio Greco, Laura Leo, Loris Manasia, Gabriella Marchi, Stefano Marziali, Mariella Miceli, Juan José Molina Gallardo, Sante Muro, Giovanni Novi, Aldo Palma, Simonetta Pizzarotti, Elettra Porfiri, Loredana Raciti, Fiorella Saura, Gianluca Tamorri, Antonio Taschini, Daniela Viglioglia, Giuseppe Viglione, Zago, Zoro.
info: www.campilongo.it anto.camp@fastwebnet.it
tel. 339 4394399 - 0761660021
Dal 15 marzo al 15 aprile ‘08 , presso la Fonderia delle Arti di Roma, si è tenuta la prima edizione della mostra “Ti riciclo in Arte” – storie di plastica, carta, alluminio e vetro.
La curatrice Antonietta Campilongo ha il piacere di comunicare che la manifestazione proseguirà dal 5 al 14 luglio prossimo nella prestigiosa chiesa romanica di San Francesco nel centro storico di Capranica (VT), ad appena mezz’ora di auto da Roma.
Il Comune del luogo, ritenendo interessante il tema e considerato il grande successo di pubblico e la risonanza mediatica che l’esposizione ha ottenuto presso la Fonderia delle Arti di Roma, (la prima edizione è visibile all’indirizzo web: http://it.youtube.com/user/Campilongo1) ha deciso di offrire il patrocinio e di ospitare l’evento in questa elegante cornice.
Orari della mostra:
lun-ven dalle 10 alle 20 – sab dalle 10 alle 15.
"Ti riciclo in Arte" è il titolo di questa collettiva d'arte contemporanea, curata da Antonietta Campilongo. In mostra, una selezione di opere di pittura, scultura, fotografia, arte digitale, video e performance nei locali della Chiesa di San Francesco.
Il tema proposto affronta un aspetto di primaria importanza della società
contemporanea, quello dei rifiuti solidi urbani e del ciclo di smaltimento
e riciclaggio di materie riutilizzabili come plastica, carta, alluminio,
vetro.
I protagonisti di queste storie sono "attori" in transito, si spostano da
un ruolo all'altro, da un luogo all'altro, cercando di esprimere il meglio
di sé, nella metamorfosi.
Sono in grado di raccogliere, trattenere, evocare, raccontare imprese e
destini, esaudire desideri saziando corpi e cervelli, fino all'oblìo.
Sono "trasversali", senza classi sociali, senza politica, senza religione.
Sono "creature mutanti" e questa è la loro forza.
Hanno in sé qualcosa di immortale, come l'Araba Fenice che " Dopo aver
vissuto 500 anni, con le fronde di una quercia si costruisce un nido sulla
sommità di una palma, ci ammonticchia cannella, spigonardo e mirra, e ci
s'abbandona sopra, morendo, esalando il suo ultimo respiro fra gli aromi.
Dal corpo del genitore esce una giovane Fenice, destinata a vivere tanto a
lungo quanto il suo predecessore" (Ovidio).
Al frequente interrogativo sulle diverse strade e finalità
dell'espressione artistica, questa mostra risponde con il preciso intento
di sensibilizzare artisti e pubblico al rispetto dell'ambiente, sostenendo
ogni percorso utile ad investire risorse ed energie nei processi di
riutilizzo delle materie prime.
Pier Maurizio Greco
L’Arte rende sacro
Di primo acchito, “Ti riciclo in arte” può suonare una sorta di affermazione contraddittoria o paradossale. Quasi in automatico, all’ idea di “prodotto artistico” viene ipso dicto associata quella di novità, originalità ed unicità, senza che peraltro questo passaggio logico sia pacificamente assodato e condiviso. A ben pensarci, è una bella responsabilità affermare scientemente tale associazione, dacché hanno decretato da Duchamp in poi scuole, maestri ed epigoni dell’arte trovata e ritrovata; anzi, quello dell’innovazione è per definizione un valore sfuggente transitorio contingente, a volte arlecchinesco, un po’ una pezza a colore, inadatto quindi alla impassibile perennità dell’Arte. Però tant’è; e perciò accostare “arte” (uguale “novità”) con “riciclo” (uguale “uso più volte la stessa cosa”) va a sembrare un sottile controsenso. Ma invece poi, appunto a ben guardare, le due cose stanno così bene insieme che sono intimamente legate da che mondo è mondo. Credo si possa convenire, il prodotto d’Arte non è null’altro che un esito di metamorfosi, un prendere e fare altro, e poi in aggiunta, un utilizzo ed una sublimazione del superfluo, un “secondo livello di lettura”, un sovrappiù di senso che, per genialità di chi lo immette, e per sensibilità di chi lo riscontra, viene ad incorporarsi all’opera dell’Uomo. Ordunque, a voler fare dell’ironia di bassissima lega, si potrebbe dire che l’epoca attuale è fortunatissima, perché mai come ora l’Uomo ha tanto materiale adatto e pronto per l’espressione della sua creatività. Perché oggi come oggi, proprio lo scarto ed il superfluo, la spazzatura e l’oggetto usato, sono sì il problema sociale, economico, sanitario, ecologico che ben conosciamo, ma sono anche occasione e realtà per l’imporsi di stile e di linguaggio, di comunicazione e di relazioni, più brevemente, sono diventati materiali per l’Arte.
E qui il discorso si complica, o meglio si articola in modo interessante. Sempre a prima vista, l’azione che il sistema artistico sta svolgendo avendo come punto di attenzione i consumi e le relative conseguenze, sembra principalmente essere un’azione di denuncia e di allarme. Non è proprio così. E questa mostra ne costituisce una buona e significativa evidenza. Ogni opera d’Arte rende sacra se stessa, riveste la materia di cui è fatta di quell’aura misteriosa e seducente, di quell’alone metafisico e spirituale che santifica e rende taumaturgico il tocco. Manzoni (Piero) docet.
Dunque stiamo attenti. Da un lato, tutti abbiamo presenti l’assillo ecologico, il problema dei rifiuti e di una civiltà globalizzata soprattutto nella corsa al consumo, le prospettive catastrofiche di un pianeta diviso fra aree, sempre più ristrette, di riserve naturali, ed immensi territori destinati a discarica, occupati da impianti di trasformazione, stoccaggio, termodistruzione dei rifiuti. Dall’altro, questa invadenza sta assumendo il tenore di un’assuefazione, di un Matrix che omologa ed anestetizza, lenisce e trasfigura le nostre schiavitù, ce le restituisce indispensabili, ce le ritorna persino belle. Gli artisti assumono dunque la scoria come moderno materiale di creazione, lo reimpiegano in funzione estetica prima che di messaggio, e così ridanno il senso alla materia, riconducono, proprio con le loro operazioni visionarie inventate astruse, ogni materia alla sua essenza primaria, alla sua corporeità più o meno malleabile, alla constatazione che quanto è ferro, legno, vernice o plastica, sempre ferro o legno o vernice o plastica rimane. La funzione di un oggetto può terminare, il logorio può più o meno farne cessare l’uso o l’apprezzamento, ma non ne può annullare l’essenza. E quindi la persistenza (bramata) dell’Arte sfida e gioca la persistenza (deprecata) della materia (almeno di quella sovrabbondante ed inutile).
Ecco dove ci porta il lavoro degli artisti, di tutti questi artisti, come al solito, a ragionare sull’entità delle cose, delle azioni, dei tempi. L’Arte, come deve essere, guarda al mondo da un altro punto di vista rispetto al superficiale senso comune, cerca per istinto ed indole propria cos’altro c’è dietro la facciata, il primo sguardo, l’idea non ragionata. Questa raccolta di materie riciclate, ri-digerite, masticate e ruminate, sono opere diverse perché utilizzano un diverso linguaggio per esprimere un diverso sentire. Non è meramente una recidiva alla centralità concettuale della materia, che è stato obiettivo per l’Arte povera; né alla pura oggettivazione dell’oggetto, a cui si applicò il Nuovo Realismo; né, tanto meno, alla luminosa ossessione della merce, dello status symbol e dell’immagine, come ha messo in luce la Pop Art. E qui sarà pure evidente la ricerca “in fieri”, alcune idee e realizzazioni dichiarano una beata acerbità. Ma è un’acerbità appunto ingenua, fresca e vitale ed energica come può esserlo solo la voglia di creare e di urlare e di far vedere al mondo di che pasta è fatto questo tempo. Dalla materia si possono tirar fuori sogni e lucidità, si può, come in questo caso, sublimare problemi ed angosce in una miriade strabiliante di armonie, e proprio attraverso tale sublimazione renderli presenti alla coscienza, evidenti e rinfacciati, denunciati e costantemente ricordati all’attenzione.
(francesco giulio farachi)
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