Museo di Castelbellino
Comune di Castelbellino (AN)
Carlo Iacomucci espone “Il segno Inciso” in Vallesina.
Il noto artista incisore urbinate, docente a Macerata, sara' il protagonista della rassegna "Incisori Marchigiani a Castelbellino" (AN).
Sarà Carlo Iacomucci, con le sue opere, (acqueforti e puntesecche) il protagonista della VI^ edizione di "Incisori Marchigiani a Castelbellino". Il tradizionale appuntamento organizzato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Castelbellino presso i suggestivi locali del Museo Civico di Villa Coppetti, nel cuore dell'antico castello della media Vallesina.
Carlo Iacomucci nasce a Urbino nel 1949 e nella sua città natale riceve la prima formazione artistica presso il prestigioso Istituto statale d'Arte (Scuola del Libro), vive e opera a Macerata in via Velini, 44 Tel. studio 0733-233984 - sitoweb : www.carloiacomucci.it
In effetti l'incisione calcografica per l'artista ha sempre rappresentato una costante passione.
Un cammino artistico incessante e tenace quello intrapreso da Iacomucci lungo il difficile sentiero della ricerca in particolar modo del segno tracciato su di una lastra di zinco o di rame.
Innovazione e coerenza fanno parte della sua vita, volto sempre a trasmettere un messaggio d'amore e di poesia, di speranza e libertà questi ultimi simbolicamente rappresentati con i suoi pascoliani aquiloni.
Ricordiamo la recente pubblicazione di un libro d'arte sulle sue incisioni dal titolo: "Un Nuovo e Sempre antico Paesaggio dell'Anima" a cura del Prof. Floriano De Santi , edito dalla Fondazione "Il Pellicano Edizioni".
Inoltre in occasione della IX Edizione della Rassegna di Grafica "Omaggio a Luigi Bartolini" riconoscimento dal Comune di Cupra Montana (AN) come" Incisore Marchigiano distintosi per particolare qualità". Iacomucci ha realizzato diverse edizioni d'arte e libri d'arte contenenti acqueforti a tiratura limitata.
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Mostra promossa dall'Amministrazione Comunale-Assessorato alla Cultura.
Sesta edizione "Incisori Marchigiani a Castelbellino" (AN)
Presenta: "IL SEGNO INCISO DI CARLO IACOMUCCI"
(acqueforti e puntesecche)
Museo Civico Villa Coppetti
Invito: inaugurazione 25 aprile ore 18
Dal 25 aprile al 4 maggio 2008
Orario: feriali-festivi 17 – 20
Coordinatore mostra: Prof. Sandro Franconi
Testo critico: Dott. Riccardo Ceccarelli
Per info. Tel. 0733-233984
carloiacomucci@libero.it
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CARLO IACOMUCCI
“Il segno inciso”
Un particolare grafico attraversa tutte o quasi le acqueforti di Carlo Iacomucci: sono quelle gocce, o piccole foglie che dir si voglia, che scendono dall’alto o si librano come portate dal vento, dall’alto invadono, permeano, si adagiano, come una pioggia. C’è l’eco della sua “Urbino ventosa”, la città dove Iacomucci è nato e dalla quale ha assorbito i più qualificati elementi rinascimentali che rivivono e si fanno notare nelle sue tavole. Da non trascurare la lezione avuta in quella Scuola del Libro di Urbino che tanti artisti, soprattutto incisori, ha formato e plasmato. Mi piace vedere in quei particolari grafici i segni dello Spirito, o di uno spirito, che intende animare, muovere, riempire, posarsi sugli spazi e sulle cose che essi contengono. Figurazioni, architetture e memorie, acquistano visibilità dal sapiente uso del bulino da parte dell’artista. Nel corso degli anni esse hanno trovato identità ed evoluzione diventando il tòpos specifico dell’artista stesso. In tutte c’è un respiro spirituale, un contatto tra cielo e terra, una contaminazione diffusa dove il quotidiano viene superato per andare oltre. Così ne Il rientro del 1982, ne La nostalgia del 1987 e in Ventosa natura del 1989 o anche ne La radice dell’incerto del 2002 dove quei particolari grafici (gocce o faville dello Spirito) confusi con elementi vegetali in un guscio chiuso evocano qualcosa di inedito, come anticipo di una nuova creazione. Nelle tavole di questi ultimi dieci-quindici anni Iacomucci sembra privilegiare campiture con delimitazioni ben definite, scene quasi teatrali che racchiudono lo spazio dove “appaiono” architetture o visioni d’insieme tra il fantastico e l’onirico. Un teatro della memoria, un viaggio-contemplazione dentro l’immagine che parla da sé o con i suoi simboli. Elementi di scena ai lati di un ipotetico palcoscenico, le quinte teatrali appunto, che raccolgono lo spazio ed i “racconti” proposti. Ecco allora squarci di visioni o di sogni come ne Il teatro del drago del 1995 o in Tra sogno e realtà del 2002, dove i percorsi della fantasia non mancano di legarsi alla terra pervasi sempre da quel quid che dall’esterno sembra voglia dar loro anima e consistenza. Sono altresì racconto e memoria quelle architetture, soprattutto della sua Urbino e di Macerata, che l’artista ci fa ammirare nella loro poesia, concrete o diafane, trasudanti delicatezza e insieme possanza. Ai lati, sulle quinte, figure senza volto o manichini, ironici e assoluti spettatori (Sipario opera e Sipario Ducale entrambe del 1999). In Dolci armonie del 1998 e in Sipario “A” del 1999 al posto di architetture ci sono frutta e vegetali in una dimensione spaziale ugualmente onirica. Il nocciolo o la sintesi comunque del “mondo artistico”, di Carlo Iacomucci, quello almeno relativo all’acquaforte, per non accennare ai suoi ultimi lavori, sembra trovarsi in La porta della speranza del 2002 e in Laudato sii dell’anno successivo. La figura della Madonna di Loreto domina al centro sia il profilo della città che la piazza del santuario come il racconto della traslazione; nell’altra dedicata a San Francesco con la figura del santo e quella delle architetture del santuario di Assisi: l’armonia della composizione e delle raffigurazioni simboliche ed il sovrapporsi magistrale dei piani esprimono a pieno l’eloquenza delle immagini e la felicità di una loro lettura. Le acqueforti di Iacomucci rivelano la somma perizia dell’utilizzo del bulino nel distendere sulla lastra segni di poco spessore, concisi, rilassati, mai nervosi o agitati, precisi quasi meticolosi, sempre pensati, metodici e razionali, delicati e nell’insieme di grande efficacia. Le morsure poi degli acidi, impiegate anch’esse con la medesima abilità, completano quelle lastre che con la successiva loro stampa manifestano lo spessore dell’artista. Iacomucci è un incisore che non solo dà sostanza lirica ad un “paesaggio dell’anima”, come ha scritto Floriano De Santi, ma soprattutto ti seduce e ti coinvolge con il suo “linguaggio dell’anima”.
Aprile - 2008 Riccardo Ceccarelli
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