Meditazioni
Beatrice Buscaroli
Meditazioni è il titolo di una serie di riflessioni che impegna la pittura di Alexej von Jawlensky verso la metà degli anni Trenta. Un ciclo, l’ultima esperienza creativa di uno dei protagonisti del Blaue Reiter ormai stremato dalla malattia. Volti, figure di donna, spesso scomposti in una sorta di divisione netta, espressiva e cromatica. Simmetrie infrante, moltiplicazioni dell’identità che a volte si fanno squisitamente astratte, complicazioni del colore e del gesto che lo dispone. Non è quello che accade ai corpi che Attilio Giordano dipinge con raro talento, riferendosi ad un inquieto universo legato al mondo dell’infanzia, oppure concentrandosi sulla presenza forte di figure femminili, o nella ricerca dei luoghi profondi in cui queste immagini vivono. Nella costruzione di quelle immagini si viene a creare una tensione costante tra le esigenze compositive che sembrano imporre o richiedere una presenza di simmetrie capaci di conferire loro stabilità e certezza e deviazione dalla “norma“, infrazione dalle consuetudini e dalle convenzioni. Si tratta anche di altro, per entrambe le ossessioni che inquietano i sogni della pittura di Giordano. L’infanzia è pericolosa? E’ un dato pressoché accertato, un pericolo duplice: da una parte è quello di considerare lo stato nascente dell’individuo come una sorta di campo di battaglia in cui si decide il controllo della specie, una tensione tra la ragionevolezza dell’esperienza maturata e un materiale plasmabile, magari con difficoltà e sacrificio, che può e deve integrarsi nelle norme di un’esistenza che in qualche misura abbiamo convenzionalmente accettato. Nonostante un secolo di nuove sperimentazioni pedagogiche, lo scontro tra generazioni è sempre latente: norma e regola possono diventare uno specchio reale, fisicamente opposto, in tutti i sensi. Dall’altra parte quel pericolo investe altresì dimensioni creative, poetiche, che la maturità non riesce a salvaguardare, a restaurare in modo pieno. Dunque la supposta simmetria, che apparentemente deriva da un mondo ordinato e corretto, si sdoppia e si sfascia, aprendosi al dubbio, all’inquietudine, alla latente malattia del nostro tempo. Le figure femminili dell’artista sembrano aver oltrepassato la soglia del dubbio, e volerlo dimostrare. L’eleganza di una forma educata e gentile, pittoricamente coltissima, rovescia il significato primo del suo apparire: tutto può essere il contrario, bellezza e gentilezza non sono date una volta per tutte. Personaggi mobili, dotati di una sensualità misteriosa e labile, le sue immagini seducono col tratto ambiguo dell’ “eterno femminino”. Giordano predilige una pittura in bianco e nero – anche se non in maniera univoca -, che quasi indugia sulla complessità dei gesti di un’umanità dotata di straordinaria ricchezza: dalle dimensioni più intime – “meditative” si potrebbe dire riprendendo le investigazioni di Jawlensy – a quelle in cui l’esibizione rutilante della propria carnalità si fa teatro di tensioni e passioni in cui gioia e desiderio si accumulano. L’universo che avvolge la figura femminile è un soffio vitale, generazione e nutrimento. La pittura di Giordano sembra sondarne i percorsi, indicando la strada di una bellezza necessaria e intransigente. Anche se questa spesso non può che emergere per vie indirette, straniate, labirintiche. Rifugge da facili astuzie, nonostante la rassicurante impressione della prima passerella, per poi mostrarsi in una moltiplicazione di declinazioni che la rendono autentica, vibrante, dolorosamente contemporanea.
Beatrice Buscaroli [critico d'Arte e docente di Arte contemporanea all’Università di Bologna. Curatrice del Padiglione Italia alla Biennale di Venezia 2009.]
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