Se solo mi guardassi
Antonio D'Amico
Attraverso il passaggio morbido delle pennellate e il tratto deciso della grafite che forgiano l’anatomia duttile dei visi, Attilio indaga il silenzio acuto e insidioso pregno di memoria, il sorriso sornione appena accennato carico di parola e dialogo, il broncio lunatico in fervida attesa. Gli occhi parlano e puntano dritto al cuore di chi guarda, con la consapevolezza che queste immagini provengono dalla realtà e nella verità suggeriscono la vita. Difatti, spesso, sulle superfici emergono forme palpabili dalla forza prorompente dell’oscurità, accompagnate da impercettibili fili che immettono i corpi innocenti nell’oggi del tempo e nello spazio di uno sguardo. Corpulenta e materica è la figura che si presenta sulla scena con prepotenza ed è costruita con uno sbattimento di luci e ombre che determina la fisica condizione della pittura di verità, sulla scia di un caravaggismo rinvigorito e attualizzato da un impercettibile e raffinato teatrino di fili ottenuti raschiando la tavola: non che l’abile genio del pittore secentesco, segretamente, non lo facesse già! Intenta a custodire i suoi segreti con gli occhi abbassati, nell’arte di Attilio, l’infanzia narra e ricorda agli adulti sogni e avventure fatate, dipinti da grumi di colore in dissolvimento tra le mani. Se solo guardassi la mia innocenza, attraverso i miei occhi potresti conoscere la fiaba della vita, la leggerezza del quotidiano vivere: è un invito che Attilio Giordano rivolge a se stesso e a chi si ferma a guardare gli occhi divertiti e il viso birbantello di quel bimbo che sprigiona il dolce desiderio del gioco. Regge un filo sottilissimo a cui è appesa una piccola mela rossa che possiede tutto il retaggio fiabesco appartenente al tempo ingenuo della fanciullezza ma è anche appiglio di sapienza e conoscenza per un tempo adulto di un universo disattento alla purezza di quegli occhi. In questi dipinti, forma e colore saturo sono i timbri di un portato stilistico a cui Giordano non si sottrae per una costante di pensiero senza mezze misure: guardami, qui e ora! Tanto è vero che il silenzio irrompe e si focalizza negli sguardi abbassati, divenendo contemplazione della vita: è l’io bambino che irrompe con chiarezza per essere ascoltato senza i freni inibitori di una razionalità adulta. Del resto, in questi quadri del giovane artista siciliano si presenta al nostro sguardo la magia di una laica teofania avvolta nel fascino di una superficie in fieri. Nel suo alveolo oscuro l’io bambino regge il filo a cui è appesa la mela rossa e fa la sua comparsa nel tempo e nello spazio entro un disco volante circoscritto da eliche in atterraggio che vagano in cerca di un appiglio. La pennellata salda e compatta della figura si sfalda nell’attracco degli steel flowers, per i quali l’azione pittorica non restituisce la veridicità delle forme ma soltanto il sinonimo immaginifico di una declinazione virtuosistica e meravigliosa. La forza evocativa dell’immagine suggerisce un gioco delle parti, solitario e necessario, che ha il sapore di una scommessa fra l’artista e lo spettatore: luci e ombre robuste hanno lo scopo di evidenziare la febbrile promessa di affrancamento di un’infanzia che chiede rispetto e s’insinua, come un benefico tarlo, nel quotidiano esistere degli adulti. Quegli occhi birichini sono l’unica luce nell’oscurità prorompente, evocativi, pronti a farsi guida: si donano all’io adulto perché possa vedere nel buio antico di un cuore bambino scevro di preconcetti e legacci, … Se solo mi guardassi. L’arte racconta la vita e la verità che trasuda dall’immagine impone una riflessione. Con mutola facondia, la tecnica vigorosa del disegno associata alla robustezza cromatica monocorde acquista il significante lenticolare di un’indagine: far emergere in ciascuno il desiderio dell’attenzione alle piccole cose!
Antonio D'Amico [critico e storico dell'Arte e docente presso l'Accademia di Belle Arti di Cuneo.]
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