Lo spazio colorato dell'infanzia
a cura di Lorenzo Canova, Catania Art Gallery Catania. 10 aprile - 04 maggio 2016
Lorenzo Canova
Un universo sospeso tra verità e finzione, una composizione in bilico tra realismo e visionarietà, uno sguardo che coniuga l’occhio sognante dell’infanzia e il dramma del presente: il lavoro di Attilio Giordano è costruito su una sapiente combinazione di elementi concettuali e formali e si fonda su un’elevata capacità tecnica che gli permette di dare forma alla propria idea di rappresentazione e di interpretazione del mondo.
Giordano basa infatti le sue opere su un uso delle grafite elegante e raffinato e, allo stesso tempo, intenso e drammatico, in un metodo dove la monocromia della matita viene spesso ravvivata da inserti coloristici, disposti sul supporto con un sapiente calcolo delle proporzioni cromatiche e una meditata individuazione dei valori comunicativi e metaforici che il colore stesso può assumere all’interno di ogni lavoro.
Dialogando in modo non subalterno con la fotografia, l’opera di Giordano si colloca quindi in uno spazio che lega disegno e pittura, tra la felicità del colore che sgorga dai pastelli dei bambini e l’austerità della grafite dell’artista maturo, segnando le tracce di un percorso compiuto tra lo spazio del ricordo e l’incombenza del presente, a metà tra la felicità del gioco infantile e la severità dell’azione artistica, al centro tra i labirinti della fiaba e le recinzioni concrete o metaforiche della vita quotidiana.
Le immagini di Giordano allontanano dunque il rischio di ogni banalizzazione attraverso una trepidazione segreta, mediante un elemento talvolta più sereno o angoscioso, ma che si cela comunque negli interstizi delle sue opere, dove anche un prato o una casa tracciati da un bambino possono nascondere paure e inquietudini e dove lo spazio del sogno si trasforma in quello della realtà, in una sorta di moto circolare della percezione visiva e interiore.
Le opere di Giordano sembrano seguire la leggerezza del filo che spesso compare al loro interno e allo stesso tempo l’esattezza della sua presenza nelle composizioni, in una sorta di metamorfosi allusiva in cui quello stesso filo sembra essere confine dello sguardo, limite imposto al corpo e all’immaginario, oppure sostegno delle cose e delle figure, punto di partenza per i viaggi della fantasia e orizzonte di paesaggi della mente.
Gli abiti e le scarpe, i vasetti di fiori e i cani si aggiungono all’infanzia raffigurata in queste opere dove il sentimento lirico si addensa nei frammenti di memoria, nei richiami e nelle nostalgie, in una visione dove lo stesso artista sembra identificarsi con i bambini che disegna, forse ritrovando nella loro giovane energia la speranza dello sguardo innocente e libero da condizionamenti che riempiva i suoi occhi molti anni fa, quasi come la bambina che in un suo disegno si sporge da una balaustra che sembra essere stata tracciata dalla sua stessa fantasia.
In questo senso, non a caso, spesso sono soltanto i disegni dei bambini l’unica presenza del colore in un mondo in bianco e nero, dove una bambina sembra aver staccato un suo stesso disegno per mostrarci la sua luce e per ritrovare il senso di un’innocenza perduta all’interno di città ostili dove le saracinesche si chiudono come le pareti di una prigione e dove la speranza pare affidata al gioco di un’altra bambina che gioca con una mela, verde come il paesaggio da lei stessa disegnato e dove è potuta entrare come in una favola illustrata.
Così, attraverso il nitore intenso e allucinato di una luce che taglia le cose lanciando le loro ombre sul piano, in opere dove le stesse vite delle bambine e dei loro cani sembrano simbolicamente e drammaticamente appese a un filo, Attilio Giordano rinnova ogni volta il senso del proprio operare nel suo personale e luminoso flusso della memoria, ricostruito costantemente per ritrovare le forme e le memorie nascoste nello spazio colorato dell’infanzia.
Hai bisogno di informazioni?
Vuoi chiedere maggiori informazioni? Lasciami un messaggio, risponderò al più presto