"Razza Piave" di Ivan Venerucci Italian Style
il tributo alle sue origini venete
" Razza Piave " è il titolo del nuovo lavoro grafico realizzato dal digital artist, designer e stilista italiano Ivan Venerucci.
L'artista ha voluto ricordare, attraverso questo suo personale tributo, le sue origini che provengono da Maserada sul Piave in provincia di Treviso.
Venerucci ha lanciato una linea di abbigliamento in edizione limitata che coinvolge tutti.
ORIGINE DEL NOME " RAZZA PIAVE " ( RASSA PIAVE )
Sul Piave sono stati scritti pile di volumi. Un fiume cui da un secolo la Patria è grata. Ma anche prima il Piave era stato un corso d'acqua importante. Soprattutto per la Repubblica Veneta che vi aveva tratto l'acqua per abbeverare l'arsura delle campagne trevigiane. Un fiume che ha dato il nome anche ad una “razza” particolare. Quella razza Piave di cui tanto si parla e di cui pochissimo si sa. Perché diciamo “razza Piave”? Pochi lo sanno. Anche se sanno che la frase indica caratteristiche di forza e vigoria. Una persona è “razza Piave” se ha vigore, è forte, è spavaldo e sicuro di sé.
Ma questo epiteto spetta anche ad un cavallo particolare. Quello, appunto, razza Piave. Che ha mantello bianco, è veloce, forte, resistente, di portamento fiero. Vale per il quadrupede e per l'uomo. Del Piave, delle caratteristiche che contraddistinguono i suoi abitanti, dei cavalli che si ricollegano al fiume parla ora il noto studioso di cose trevigiane Emanuele Bellò che ha edito per Sismondi di Salgareda il volume “Razza Piave. Il cavallo veneto fra storia e leggenda”.
I Veneti, o Eneti, erano una popolazione ben conosciuta fin dall'antichità. Ne parla anche Omero che fa cenno ai cavalli degli Eneti. Ma anche il tragico Euripide, il geografo Strabone. Tanto per nominarne un paio. Ma per arrivare alla razza Piave bisogna aspettare ancora qualche secolo. La fine del XV, quando i Turchi in piena espansione invadono, con una scorreria che ha lasciato il segno nell'immaginario popolare, il Friuli. Arrivando fino in prossimità del Piave. Ma poi dovettero ritirarsi abbandonando anche cavalli e masserizie. E fu proprio dall'incrocio di questi cavalli arabi e turchi che sarebbe derivata la razza destinata a passare alla storia come razza Piave. E' una ipotesi su cui altri non concordano e preferiscono vedere la nascita di questa razza in un incrocio tra cavalli mongoli, arabi e i nostri quadrupedi oppure ancora fanno risalire questa caratteristica al periodo napoleonico.
Sia come si vuole, fatto sta che prima o dopo i Veneti si ritrovano con questa razza equina che li ha accompagnati con fedeltà e forza. Ma la storia del cavallo razza Piave è uno dei motivi che conducono il lettore lungo queste pagine dense di contenuti e documentazione. Bellò ne approfitta per parlarci del Piave, delle peculiarità dei suoi abitanti, dei modi di dire che si sono stratificati. E ancora dei miti che hanno popolato le rive del fiume. Miti che si identificano in persone conosciutissime, come Manareta, il bersagliere Giuseppe Voltarel di Maserada, combattente della Grande Guerra. Come Vittorio Scarabello, allevatore noto in tutta Europa. E poi il santo protettore dei cavalli e degli uomini legati al mondo equino, Sant'Alò. Ma come non ricordare le leggende unite al fantastico mondo dei cavalli? Come quella splendida del lupo che, liberato da un contadino commosso, porta al suo benefattore una mandria di cavalli selvaggi che lo aiuteranno a lavorare la terra. Il cavallo è stato per secoli un soggetto privilegiato dell'arte. E della iconografia popolare. Bellò ce lo documenta con una ampia serie di fotografie. Cavallo entrato di diritto nelle tradizioni venete anche dei ragazzi. Chi di noi non ha mai giocato a saltamussa o cavaleta? Insieme con il fidato quadrupede l'autore ripercorre storia e leggende del Piave. Ricordando gli zattieri, le piene che hanno terrorizzato gli abitanti, e gli scrittori che si sono occupati del Piave (Hemingway, Parise, Tommaso Tommaseo, Mazzariol). Ma il cavallo è finito anche sulle auto da corsa. Sulla celebre Rossa di Maranello, dopo aver simboleggiato l'aereo e le imprese di Francesco Baracca.
Lo studio di Emanuele Bellò conduce piacevolmente il lettore lungo un sentiero che sembrava conosciuto della storia veneta. Ma che scopriamo quasi totalmente nuova. La ampia, per non dire sterminata, documentazione dello studioso trevigiano stupisce ancora una volta. Gli dobbiamo gratitudine anche ora per averci ammannito uno studio sulle nostre radici e tradizioni. Continuando così un'opera benemerita lontana dai facili palcoscenici, ma che il tempo saprà premiare più di quanto finora ha fatto.
(TRATTO DA: PIAVE https://www.facebook.com/fiumepiave/)
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