tesi Sonia Traversa
stralcio della tesi
Università degli studi di Genova
Facoltà di lettere e filosofia
Corso di laurea specialistica in Storia dell’Arte e Valorizzazione del Patrimonio Artistico
Tesi di laurea
Immagini della follia nella fotografia psichiatrica italiana: 1853 – 1978
Relatore: Chiar.mo Prof. Franco SBORGI
Correlatore: Chiar.ma Prof.ssa Elisabetta PAPONE
Candidata: Sonia TRAVERSA
In questo contesto si inserisce anche l’esperienza scultorea di Alfonso Gialdini che, nel 1995, inizia a condurre un laboratorio nell’ex ospedale psichiatrico di Quarto, sotto la guida dello psichiatra Luca Trabucco con il quale, prima di procedere attivamente a contatto con i pazienti, inizia a studiare come arteterapeuta.
E’ lo stesso Gialdini a raccontare del metodo impiegato nel laboratorio, prima di tutto chiarendo l’idea della terapia attraverso il mezzo scultoreo, secondo cui l’impulso aggressivo viene veicolato in altra forma, sotto la guida di un soggetto che deve lavorare per annullare la propria identità di artista. La ricostruzione della storia della collaborazione di vari artisti nell’ex manicomio di Genova Quarto, nel resoconto di Gialdini
Alfondo Gialdini, nato a Genova il 6 settembre 1948, è un ingegnere e ricercatore di formazione. Dal 1975 intraprese in parallelo, spinto dalla moglie, la carriera di scultore.
Dal 1995 al 2002 la appplicò insieme a psichiatri e psicologi come tecnica di supporto terapeutico a gruppi di malati di mente presso il Museattivo Claudio Costa, alla morte dello stesso Claudio Costa, che lo aveva invitato numerose volte a svolgere con lui tale attività. Il Costa a sua volta aveva svolto tale attività con Slavich, collaboratore di Franco Basaglia.
Alcuni articoli di Gialdini che si basano sull'elaborazione ed affinamento di concetti espressi da Martini, Sir Read, Bourdelle (allievo di Rodin) furono usati per approfondimento su una tesi dell'Accademia Linguistica delle Belle Arti di Genova.
La serie di sculture collocate a Celle Ligure tra il 2005 ed il 2006 tende a dimostrare la convinzione di Gialdini sull'utilizzo di materiali e tecniche particolari in modo tale che la scultura abbia diffusione di massa come la pittura.
Beringheli, G., Repertorio illustrato di artisti liguri, Genova, De Ferrari, 1995
Beringheli, G., Dizionario degli artisti liguri, Genova, De Ferrari, 2001
nell’ex manicomio di Genova Quarto, nel resoconto di Gialdini suggerisce un terreno sommerso da cui emerge come, nonostante gli sforzi per riqualificare i vecchi manicomi in luoghi di fermento artistico, l’esperienza si esaurì - senza considerevoli conseguenze - nell’arco di pochi anni.
Lo stesso Gialdini segue un gruppo di pazienti, tenendo lezioni due o tre volte la settimana, esclusivamente tra il 1995 e il 1998.
Resta, tuttavia, una preziosa testimonianza: si tratta del museo all’aperto nei giardini dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto.
Il 23 aprile 1999, grazie all’impegno di Gialdini, è stato creato il “giardino delle sculture”, e, il 25 aprile dell’anno successivo, furono collocate altre opere che, già dal 1992, erano state donate al Museattivo Claudio Costa , insieme ad altre acquisite per l’occasione.
Nel 1999 sono state collocate le prime sei opere degli artisti: Barone, Boero, Lunini, Perniciaro e Gialdini stesso che, con il suo "busto" liberato dalle "valve" simbolicamente interpreta il concetto di "liberazione".
Successivamente sono state collocate opere di Alfieri, Bednarski, Moser Wagner, Bove, Raggio, Repetto, Bixio, Gaietto, Sessa, Parodi e Asfodele insieme ad alcuni lavori realizzati nel 1996 dal gruppo di lavoro di Gialdini.
Lo scultore conserva un ampio materiale fotografico e documentario – di particolare interesse, ad esempio, lo statuto che delinea i fini e le modalità del Museo Attivo – e, in collaborazione la critica d’arte Miriam Cristaldi, aveva iniziato a sistematizzare i documenti in un cd intitolato “Collezione 2000 – Museattivo Claudio Costa” presentato nel 2003 al Centro Culturale Satura.
E’ lo stesso Alfondo Gandini a ricordare della donazione fatta al Museo dopo l’incontro con Claudio Costa e Antonio Slavich. Claudio Costa, in quell’occasione, aveva già espresso la volontà di coinvolgere la scultura come metodo terapeutico sebbene Gialdini, all’epoca, preferì rifiutare l’invito.
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