LE ALCHIMIE DELL’UOMO CON IL CAMICE NERO
LE ALCHIMIE DELL’UOMO CON IL CAMICE NERO
Lettura dell’opera e del mondo di Alessandro NARDONE,
Il laboratorio delle trasformazioni
Già da quando si alzano la mattina, l’attività che le persone più compiono è quella di pensare.
E i pensieri, come il fumo di una locomotiva, vanno per aria, dipingono linee sghembe, curve, a spirali. Si attorcigliano intorno a sé stesse, si espandono, si allargano, tracciano scie nel cielo. Qualcuna si spinge più in alto, per andare a raggiungere il suo pezzo illusorio di trono.
Mentre queste linee salgono, Alessandro le acchiappa, restituisce loro la forma che la mente di chi li ha pensate ne avrebbe voluto ricavare.
Si, perché quei pensieri sono il prodotto inespresso del proprio mondo emotivo. La gente li chiama solo pensieri, in realtà sono desideri, sforzi, abbandoni, sogni, afflati, inclinazioni, tentativi, misteri, incanti, meraviglie, verità. Ed anche baratti, negoziazioni, compromessi, cedimenti, pretese, rassegnazioni, urgenze.
Alessandro, con il suo camice nero di uomo delle meraviglie, va ad acchiappare queste forme inespresse di energia. Le cattura, nella forma che si sono date, riuscendo però a cogliere quale forma avrebbero voluto darsi, se chi le ha prodotte si fosse potuto permettere di farle venir fuori nella loro portata emotiva reale. Invece le ha lasciate scivolar via. Distrattamente, inconsapevolmente o anche per liberarsi di carichi vissuti come strani o stranieri.
Insomma, tutto il materiale emotivo che la gente non si è permessa di esprimere, Alessandro lo va a recuperare, facendolo materiale della sua opera. E riesce a convertire quegli indizi di emozioni mancate in ciò che volevano rivelare.
Scruta il cielo per trarne indizi, tracce, suggestioni, le trasmuta alchemicamente nel linguaggio che avrebbero voluto e potuto consapevolmente assumere, e le restituisce generosamente agli inconsapevoli proprietari, perché possano prendere coscienza.
Poi scruta la terra, ammirando la sua capacità di far nascere la vita e pure di coprire ciò che non serve o deve essere nascosto. E riesce a far nascere i papaveri dalle rovine e dalle macerie, a testimonianza dello sforzo poetico di cui si dota la vita quando vuole emergere dal detriti, riuscendo addirittura a nutrirsene.
Non lascia da parte nemmeno il fuoco, per domarlo ed accoglierlo dentro di se, spezzettandolo in mille rivoli pronti a plasmare in forme morbide ed audaci la materia con cui viene a contatto.
Le energie non si creano né si distruggono. Si convertono
Il laboratorio di Alessandro, vero e proprio spazio alchemico, nasce proprio dalla sua capacità di visitare, accogliere, trasmutare e restituire forme di mondo. Percorso lineare proprio di ogni disposizione e produzione artistica che si rispetti, è vero. Qui, però, c’è una differenza, tutt’altro che trascurabile: il laboratorio sembra essere stato minuziosamente creato per essere di tutti. Per essere fruito e per costituire una presenza nel reale, nel simbolico e nell’immaginario di chiunque voglia avvicinarvisi.
La sua bellezza è una promessa. Dove le persone dovrebbero andare per sentirsi attraversare da flussi di coscienza, da abbandoni intimi, dalla percezione della propria intima ricchezza se spesa e messa in campo. E’ un laboratorio, dunque, non solo per quello che vi si produce, ma per quello che può produrre, per le consapevolezze e per le intuizioni cui può dare voce e spazio.
L’opera d’arte, evidentemente, non finisce in quello che si vede. E quello che manca all’opera d’arte non va cercato nemmeno soltanto in quello che non si vede. L’opera d’arte, in realtà, è un processo con ben più diramazioni, è tutto quello che attraversa l’artista che l’ha eseguita: travaglio, perplessità, delusione, intuizione, dolcezza nell’accogliere materiali emotivi. Quei materiali che verranno poi trasmutati in descrizioni figurative, in aspirazioni, in evocazioni. Opere d’arte, ancora, sono tutti quei flussi d’animo ai quali l’artista che li ospita assegna una gerarchia, mettendone in primo piano alcuni, rendendone satelliti altri. Flussi d’animo che dialogano tra di loro e si alleano anche con i materiali emotivi a torto considerati di scarto.
Specificamente, nell’anima di Alessandro abita una grande e copiosa mole di materiali, catturati e disposti in prospettive multidimensionali. Perché l’anima di Alessandro è multidimensionale. Sulle sue tele è fortemente presente un’anima multidimensionale.
Le declinazioni dell’esistere
E lui ne è ben consapevole. Così riesce a guardare oltre il visibile, oltre il definito apparente. DI fronte all’animo umano, per esempio, non riesce che a provarne tenerezza ed indulgenza. Perfino compassione per quelli che si credono furbi, ma in realtà esprimono la pochezza, angusta via d’uscita di chi non sa darsi altre possibilità. E’ così che Alessandro, con irruenza delicata, propone una possibilità altra di essere. E di fatto riesce a convincere che soggiornare oltremodo nel territorio della furbizia serva solo ad allontanarsi da una effettiva realizzazione individuale e collettiva. Questa operazione morale è un valore aggiunto nella cifra espressiva di Alessandro. Capace di condurre al cambiamento, questa spinta tanto naturale che invece viene spesso allontanata mistificatoriamente perché vissuta come scompaginante.
Un tema coma la distruzione, che evoca direttamente ed immediatamente l’angoscia della fine, Alessandro lo affronta con la dimensione dell’entropia, riconducendoci con decisione all’evidenza di come tutto si converte, tutto si dà una possibilità di trasformazione e di trasmutazione, all’interno di normali processi evolutivi.
Così, mentre ci dipinge il sole che muore sulla spiaggia, ci prende per mano e ci allontana subito dalla angoscia disperata della fine del sole, ove mai fossimo potuti cadere in tale stato d’animo. Con la sua formidabile capacità evocativa, perché reale e non consolatoria, ci fa arrivare la netta e forte percezione che quel sole sta per rinascere altrove. In un altro continente o, più, percettibilmente, nell’animo di ognuno di noi. Cosicché, per dare corpo a questa suggestione, ci viene voglia di voler andare in spiaggia, per ammirare la morte del sole con la indotta consapevolezza che poi, a distanza di breve tempo rinascerà in altre terre.
Le ali e gli scarponi da montagna
Da attore geniale di processi trasformativi, Alessandro, dopo il mare, dirige il suo animo verso le vette delle montagne.
E ci insegna che anche con gli scarponi da montagna puoi volare. Con gli scarponi arrivi sulle cime delle montagne, il punto più vicino a Dio. Quello è’ un volo, perché hai comunque da compiere un’ascesa, devi produrre un muoverti che ti fa conquistare l’alto, con forza e sempre senza strappi. Dalle montagne, poi, puoi anche slanciarti nell’altro tipo di volo, quello con direzione obbligata verso in basso, secondo una legge di corrispondenza che ti restituisce un volo in discesa pari a tutto quanto hai guadagnato in ascesa. A chi, poi, obietta, miope, che proprio sulle vette si abbattono i fulmini e si è più esposti al pericolo, Alessandro, con una delle sue efficaci riconversioni, ci spiega che mai come sulle vette puoi imparare a parartene.
L’amore come rimedio dall’oppressione delle zavorre
Così, l’opera di Alessandro continua ad espandersi ed occupare i territori più importanti. dell’anima, che lui riesce a ripulire dai rifiuti che ci ostiniamo a portare dentro. Quelli che ci appesantiscono e sottraggono spazio alla verità ed alla bellezza.
Venire ripuliti è la sorte cha capita a quello scarto della nostra anima che sono diventati certi nostri pensieri, la parte di noi che crediamo più seria ed affidabile, ma che presenta, invece, incrostazioni capaci di immobilizzare, quasi di ingessare. Sono vere e proprie zavorre, custodite nei pensieri ridondanti ed inutili, che girano a vuoto intorno a sé stessi e che non faranno mai fare nessun balzo in avanti. Per liberarcene, Alessandro ci dà un contributo fondamentale. La sua lezione, ma lui preferisce chiamarla la sua traccia, è molto chiara: ci si libera dalle zavorre non permettendo alla routine di prendere il sopravvento, ma uscendo da quel confine immaginario e deteriorante che preferiamo chiamare confort, ma che è stasi. Stasi ed anche malattia è vivere rinunciando ai propri desideri ed alla propria crescita, arrivando a mentire a sé stessi per non dispiacere gli altri, è stasi ed è malattia. Contrastare questo stato di cose è un lavorio imponente: ma inevitabilmente, e per buona sorte, la propria natura intima è destinata a mostrarsi lungo il percorso. Basta che questo percorso lo si avvii. Pronti a farsi abitare dall’amore, quella nozione spesso mistificata e snaturata che, invece, non è altro che cercare, di cogliere ogni volta nuove ispirazioni per avanzare, sognando, tra le stelle.
Nasce quello che viene sognato. E vive chi non smette di sognare e di essere sognato
Nella vita, si sa, ci si trova dove il cuore pensa di farti andare. Il cuore stesso vuole fecondare la vita e creare mondi nuovi. Oppure svelare mondi esistenti, ma nascosti e fondamentalmente bloccati.
Come ci racconta una storia. Di quelle di cui l’umanità ogni tanto crea, per il suo bisogno di raccontare amore e speranza. La storia è quella di due amanti interessati semplicemente a fare il loro mestiere: viversi la piena libertà di amarsi. Prendendo le distanze dalla purtroppo accettata asfissia del “tutto senza allegria, tutto senza una lacrima”. Così, un giorno, si incamminarono nel loro fecondo andare verso il mondo e si trovarono in un borgo. Era evidentemente reale, con case e strade, ma sembrava sospeso nel sogno e nel tempo. La sorpresa dei due amanti ed il loro appagamento furono immensi quando scoprirono come anche il mondo fosse complice del loro animo. La realtà è molto più incredibile di ogni finzione ed è capace di creare mondi a cui neanche l’immaginazione arriverebbe: i due amanti erano finiti sotto un cartello segnaletico stradale che svelava il nome di quel posto.
Quel paese si chiamava, e si chiama, Liberi.
Fausto Russo [Dualista della Comunicazione Umana]
Hai bisogno di informazioni?
Vuoi chiedere maggiori informazioni? Lasciami un messaggio, risponderò al più presto