SHOAH

Tronco d'albero segato e filo spinato

“Le mani vogliono vedere , gli occhi accarezzare”
Goethe

La Shoah richiederebbe uno sguardo che, diversamente dal “ vedere” , fosse per una attenzione sostenuta, più protratta, che permettesse di staccare quell’evento dalle immagini visive in cui sono immersi nostri giorni.
Solo così il tentativo di capire meglio, permetterebbe di mettere sotto custodia ciò che abbiamo visto o che altri occhi hanno visto, sottraendo al tempo maggiori frazioni di attenzione.
Lo sguardo, come la memoria, entra nello spessore delle cose e come una sorta di palpitazione cerca il contatto con il suo oggetto, non mantiene la distanza, non ne fa spettacolo solo visivo.
Per portare la Shoah nel cuore di ognuno per ciò che mai più dovrà essere, occorrerebbe attivare in questo luogo il senso di una interiorità che qui rischia di essere ancora offesa di fronte alla violenta sonorità del mondo esterno.
Il rumore che in luogo urbano si impone suscita disagio e impedirebbe qualsivoglia meditazione .
Il progetto non può chiedere il silenzio per chi si fermerà con il suo sguardo, ma può chiedere di trasformare anche il rumore all’intorno, il traffico, le voci, in un positivo ronzio continuo di vita, pacificato dal divenire degli eventi.
Così come nel taglio brutale della vita, nei tronchi abbattuti, soffocati da matasse di filo spinato, la violenza dell’Olocausto non può negare la vita che rinasce comunque e che è tutta intorno .
Il progetto intende ristabilire una unità armonica, con la natura e la sua forza , con quella vitalità che non può essere soffocata dalla violenza degli uomini e che invece il tempo rigenera e pacifica.
Alle nuove generazioni la maggiore rinnovata ed attenta cura per ciò che è destinato a rinascere ancora .

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