Adriano Fava Il segno... come scalfittura
(…) Scrivendo qualche tempo fa della pittura di Adriano fava, Giorgio Ruggeri sottolineava “il suo modo di accostarsi alla materia, ricordandone l'origine di maestro ceramista, ed effettivamente nell'approccio del pittore alla tela molto è rimasto di quel mondo, innanzitutto nel piacere tattile, febbrile dell'opera che a poco a poco va a costruendo sì, e in quel senso attento del colore che saggia luminescenze e riflessi per conferire anche alla pasta cromatica del dipinto preziosità proprie alla pittura a fuoco. Non vi è traccia di accordo tonale né di sfumature degradanti di chiaroscuro ed ogni cromia è risolta secondo soluzioni timbriche che privilegiano di volta in volta un rosso squillante come sangue, squarci di giallo cromo o un blu metallico, lucente come un’armatura. Ma ciò in cui più a fondo ha inciso la pratica ceramica, è il segno, che anche nei dipinti si presenta come scalfittura, lacerazione, sfregio, scortica Tura, quasi che con gli artigli acuminati o rebbi di uno strumento metallico, il pittore voglia incidere a fondo la pelle della materia per imprimervi l'impronta delle sue creature. (…) Se dal primo maestro Angelo Biancini, Fava ha ereditato l'amore per le figure intense, le grandi idee della natura e gli angeli salmodianti, nella sua pittura tutto assume un tono più fidente e quotidiano, le idee si fanno donne e gli angeli si tramutano in alberi e farfalle che cantano la pienezza vitale della natura così come quelli cantavano la gloria dei cieli. Le sue immagini si trovano perciò in uno stato di sospensione, di equilibrio difficile, attratte come sono dalla fissità dei simulacri, dalla limpidezza dei sogni ed insieme impastate nella fisicità della terra e turgide dei suoi umori. Se affrontato con rigore e sensibilità, il contrasto può rivelarsi estremamente vitale e trasformarsi in terreno fertile per nuove esperienze. Sta al pittore trovare il punto di incontro, e nessuno lo può aiutare perché la ricerca è avventura del tutto individuale. Non possiamo soltanto osservare le sue immagini ed accostare loro qualche parola che valga come compagna, alter ego, specchio infedele nel viaggio senza riposo verso l'opera.
Marilena Pasquali [Storica dell'arte e critica d'arte]
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