Henri Cartier Bresson

Henri Cartier Bresson (1908-2004)


“Osservare lì dove gli altri sanno solo vedere”.

Fotografo francese, è considerato un pioniere del foto-giornalismo, tanto da meritare l'appellativo di "occhio del secolo”

Henri Cartier-Bresson nasce 22 agosto 1908 a Chanteloup (Francia), a 30 chilometri da Parigi, da una famiglia alto borghese. Giovanissimo, si interessa di pittura soprattutto all’espressività dei cubisti, facendo suo l’insegnamento relativo al “rigore dello sguardo e al luogo da identificare”. Inizia ad interessarsi di fotografia a 23 anni,compra una Leica e parte per un viaggio che lo porta nel sud della Francia, in Spagna, in Italia e in Messico. Mosso dalla sua insaziabile curiosità, incompatibile con l’ambiente borghese e la relativa cultura che gli preclude orizzonti più vasti. Ha inizio così la carriera di uno dei giganti della fotografia, nella sua apparente semplicità innovatore per eccellenza.
Cartier Bresson ha girato il mondo con l'inseparabile Leica M3 utilizzando quasi esclusivamente la lunghezza focale 50mm, solo in pochi casi ha sostituito tale obiettivo con altre lunghezze focali, tornando però sempre poi all’obiettivo “normale”.

 “La mia Leica è letteralmente il prolungamento del mio occhio” dice Cartier-Bresson, “ il modo in cui la tengo in mano, stretta sulla fronte, il suo segno quando sposto lo sguardo da una parte all’altra, mi da l’impressione di essere un arbitro in una partita che mi si svolge davanti agli occhi, di cui coglierò l’atmosfera al centesimo di secondo”.

La scelta della macchina fotografica più leggera e meno ingombrante delle reflex o delle macchine a medio formato, ci rivela il suo modo di concepire la fotografia : la sua volontà di restituire un punto di vista familiare e più simile possibile al modo che ha il nostro occhio di vedere la realtà che ci circonda.

Durante la Seconda Guerra mondiale, entra nella resistenza francese, continuando a svolgere costantemente la sua attività fotografica, anche durante il conflitto perché dice Cartier-Bresson :
“L’avventuriero che è in me si sente obbligato a testimoniare le cicatrici di questo mondo con uno strumento più rapido del pennello”

Egli rivela una sensibilità che gli consente di trovarsi al momento giusto nel posto giusto e di scattare quando la situazione raggiunge l’apice, riuscendo a strappare alla fugacità apparente un frammento di realtà rendendolo indelebile 
Catturato dalle truppe naziste nel 1940, riesce a fuggire dal carcere dopo diversi tentativi . Nel 1945 fotograferà la liberazione di Parigi.

Nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra "postuma", credendolo morto in guerra: si mette in contatto con il museo e dedica oltre un anno alla preparazione dell'esposizione.

Nel 1947 fonda, insieme a Robert Capa George Rodger, David Seymour, e William Vandivert “avventurieri mossi da un’etica“ la famosa Agenzia Magnum.
Fortunatamente in precedenza Henri era  legato al laboratorio Picto nato dall’ incontro con Pierre Gassmann (quest’utlimo fondatore di Picto); questo laboratorio conserva ancora oggi in una blindatissima cassaforte tutti i negativi di Bresson.

Inizierà una girandola vorticosa di viaggi da cui scaturiranno numerosi reportage che gli daranno fama internazionale.
Molte volte, dal '51 al '73 i suoi viaggi lo porteranno in Italia. Famoso un suo reportage commissionato da Vogue nel '62 sulla Sardegna

Desulo,1962

Orgosolo,1962

Dalla metà degli anni '60 Henri Cartier-Bresson cominciò a mostrare insoddisfazione nei confronti del suo lavoro ed inizia gradualmente a ridurre la sua attività fotografica per dedicarsi al suo primo amore : la pittura, dichiarando: «In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l'unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà». Con l'unica eccezione dei ritratti che continuerà a realizzare fino al 1980.

“È unico. Ha voluto che la sua fotografia fosse diffusa e non rarefatta, che fosse visibile tanto sui giornali quanto nei musei. È fondamentale. E ha inventato un modo di lavorare e di funzionare. Ha imposto lo sguardo e lo statuto del fotografo. Henri ci ha insegnato a essere liberi. Ed è per questo che è riuscito a dare energia alle immagini. Ha privilegiato la strada come spazio nel quale si rivela una società. E ha anche imposto l’obiettivo unico, il 50 mm. L’avvenire mostrerà che Henri era più politico di quanto non si pensi. Henri Cartier-Bresson ha saputo mantenere una distanza, pur prendendo la sua posizione di fotografo. È questa l’eredità che ci lascia.”

Raymond Depardon, Le Monde, 29 agosto 2004.

A cura di Emanuele Davi