Goffi versi di un poetastro

Di Davide Morelli


"GOFFI VERSI DI UN POETASTRO"[2008]:



IL POETASTRO
E’ perfettamente cosciente
che dei suoi versi
non si occuperà nessun italianista,
che il suo nome non comparirà
in alcuna storia della letteratura.
Non saprà mai con esattezza
stabilire quale istinto o quale filo
lo conduca alla scrivania o al monitor.
Disdegna ogni arcaismo,
spesso cade nel canzonettistico.
Di tanto in tanto ringrazia il creato
per questa terapia della parola,
priva di costi e tariffario.
Spesso se ne sta in disparte,
schivo e riservato
in attesa di qualche epifania
per un nuovo canzoniere.
Il meglio di sé lo dà quando è depresso
e si masturba mentalmente sui ricordi.
In alcuni critici suscita
sarcasmo, odio ed indignazione;
in altri ilarità, compassione e rassegnazione.
Ma si dimenticano che le sue parole
sono esternazioni o pura espressione
di una sensazione.
Alcuni snob vorrebbero metterlo alla gogna;
altri ancora per non farlo più scrivere
vorrebbero tagliarli piedi e mani
o quantomeno lesionargli l'area di Broca.
Si dimenticano che senza i suoi versi
non ci sarebbe alcun termine di paragone:
nessun grande poeta vive di oscurità propria,
ma ha bisogno dei chiaroscuri dei poeti minori,
delle tenebre del poetastro.

PARMENIDE
La mente spesso porta a pensare
a ciò che non è. Così sosteneva
Parmenide
nei suoi ventuno frammenti geniali
ed appena letti pensavo che forse
non esiste un prima ed un dopo,
un inizio e una fine, ma tutto
è Essere, anche se poi non tutto
l’Essere è rischiarato dalla vita.

ANCHE LA MORTE SI RIPOSA UN PO’
La morte
si riposa un po’ la Domenica.
Ferma meno cuori
e meno meningi
per le feste.
Dimostra un po’ di umanità
almeno in questo.
Mai però abbassare la guardia;
lei lavora sempre ininterrottamente.
Spesso è così brusca
da non lasciare il tempo
di una confessione
o di un epitaffio autografo.
Lascia agli umani
la colpa, la pena, la vergogna.
La sua dimora è la più ospitale,
accoglie tutti indistintamente.
Tutti abbiamo paura,
anche gli epigoni di Epicuro.
Ma inutile dilungarsi,
la conoscono tutti,
anche i viventi,
almeno per interposta persona.

PAESAGGIO
Paesaggio,
gorgo della visione,
elogio dell’inconscio,
abluzione per purificazione.
Paesaggio,
che rimani
immobile e indifferente
sullo sfondo
di tutte le esistenze.
Paesaggio
quotidiana coazione
in cui alberga l’assurdo,
in cui chiudo la mia sillabazione.

DUE SIMBOLI
Non è più tempo di vagheggiare.
Abbiamo bisogno solo di due simboli:
lo specchio per l’identità e la falce per la sorte.
Se ogni rintocco non fosse un presagio,
se il salice non si piegasse alla tempesta,
se le mille porte socchiuse che ho aperto
non mi avessero mostrato un misfatto,
se la luna avesse il volto di una donna
potrei ancora essere un sognatore senza sogni,
potrei ridere degli inganni dell’esistenza,
degli occhi e delle mani che mi daranno la morte.

L'AVVITAMENTO
“Ci vuole la stessa filettatura,
perché avvenga l’avvitamento tra le cose,
ma forse questa non è un’analogia forzata
per tutti gli esseri,
che vivono sotto il firmamento ?”
mi chiedevo, parlando con me stesso
o con un altro doppio più disincantato,
che rasentava ancora i muri
con passo incerto e trafelato.
Attendevo una risposta,
forse anche un giudizio sommario:
avevo gli occhi del testimone,
l’ansia dell’imputato.
Ma non ebbi risposta,
però la corte emise la sentenza
e venni risarcito
per ogni mio desiderio inappagato,
anche se l’inespresso o l’inesprimibile
regnò incontrastato.

COSE COSI’ DIMENTICATE
Rose fiorite
e baci non dati
avvolti in un sudario
di polvere e cenere,
inchiodati a una croce
di terra e pietra.
Chi piangerà sulle nostre tombe ?
Ben presto saremo cose
così dimenticate
da sembrare mai esistite.

L’OMBRA E LA LUNA
I campi di grano
chinano le spighe
all’incedere del vento.
La pioggia sa di nubi,
i prati sanno di pioggia.
Quando cammini
ti dimentichi
delle stelle
della luna
della tua ombra.
La tua ombra
parla alla luna,
ma la luna
non ascolta.

LA LAMPADA E LE FALENE
Sopraggiunta
la maturità molti protagonisti
diventano comparse, pagando
per tutta l’esistenza quegli errori,
alcuni invano si ostinano
ad essere copie o semplici parodie
di quel che erano in quei giorni.
Un tempo beffardi all’ombra delle siepi
o sugli scalini di una chiesa ridevamo spesso.
Ma quella stagione era più beffarda di noi,
dispensatrice di effemeridi e delusioni,
non sciolse nessun nodo
e non condusse a nessun approdo:
era la lampada che rischiarava la stanza,
noi le falene impazzite.

ZACCHEO
Nella Bibbia si trova scritto
che è più facile che un cammello
passi dalla cruna di un ago
che un ricco entri in paradiso.
Ma oggi Zaccheo non ha più bisogno
di salire sul sicomoro per farsi notare
e condurre nella sua dimora
il Cristo;
così perdura il matrimonio
tra alta borghesia e porporato,
tra stato e vaticano, tra fede e denaro.

LA MOSCA
“La mosca
con le sue minuscole
ali e zampette
sorvola sulle nostre teste
e si posa dappertutto.
Ma grazie
ai suoi occhi mirifici
sa più lei di noi
che noi di lei.
Con il nostro sistema visivo
rudimentale noi non sappiamo
nemmeno riconoscere
una mosca dall’altra”.
Così mi disse,
dopo un drink
uno studioso di scienze naturali
filosofeggiante.
Ancora oggi non so
se fu un’intuizione fulminante
o se fu frutto di una riflessione estenuante.

ALTROVE
“Altrove.
Tu sai che la luna
si affaccia anche ad altre stanze,
che esistono migliaia di piazze assolate.
Tu qui ed ora sei escluso dalla vita”.
Altrove.
Oltre questi prati e questi orti,
oltre il mormorio del fiume.
Oltre questa periferia.
Altrove, come se il nonsense
non rimanesse spesso
impigliato alla mia rete.
Altrove, come se questo cielo
non fosse un volo di stormi,
come se l’apprendistato
non durasse per sempre.
Altrove, come se i miei giorni
venissero scoloriti solo da questi luoghi.

LA CHIOMA DI BERENICE
Io non sono Callimaco
e la tua chioma
non è quella di Berenice.
Potrai donarla ad Afrodite,
ma nessun soffio, nessun prodigio
la tramuterà mai in una costellazione.
Un tempo era sufficiente una chioma,
un poeta e un astronomo
per creare un mito.
Oggi ci vorrebbero all'opera
gli imbonitori di tutte le televisioni.
Poi ogni chioma ha la delicatezza
d'animo e i versi
che si merita, così come
io mi merito questo supplizio.

ERACLITO
Quasi tutti i filosofi antichi
cercavano la causa prima
della materia negli elementi
della stessa materia. Eraclito invece
disse che la natura ama nascondersi
e antepose a tutto il Logos,
ma i posteri dormienti
hanno imparato soltanto
che non ci si può bagnare
due volte nello stesso fiume.
Eraclito- dovunque sia- se la ride,
ma d’altronde anche il suo linguaggio
amava nascondersi...nell'oscurità.

I CAMBIAMENTI E L’ESISTENTE
C’è chi dice che col tempo
non si cambi per niente,
perché ha il fine precipuo
di voler giustificare
l’ordine delle cose,
la gerarchia delle strutture,
l’esistente.
C’è invece chi afferma
che è esclusivamente questione
di opportunità e di ambiente,
assume la posa di intellettuale
(pur ignorando la differenza ontologica
tra essere ed ente)
e si arroga il diritto di mistificare
l’esistente. Un individuo intelligente
diviene un deficiente
e un povero sfortunato il delinquente.
Altri ancora a proprio piacimento
alterano l’esistente e sostengono
che certi tratti e certe caratteristiche
possono mutare, mentre altre restano invariate.
Ma l’esistente è sfuggente ed irriverente
e non vuole né giustificazioni,
né mistificazioni, né alterazioni
che lo cataloghino per sempre freddamente.

IL FALO'
Dicono che fosse un poeta,
ma non lasciò traccia.
Fece un falò delle sue opere,
perché odiava il mondo:
non volle fama postuma.
Preferì morire due volte
che una volta sola.
Coloro a cui lesse le sue cose
sono morti.
Chissà forse rimane ancora qualcosa
delle sue parole nell’aria o
qualcosa di lui in noi.

ARONNE
Si chiamava Aronne
ed era un maestro di piano francese.
Diceva alla gente del paese:
"un giorno di qui passerà la guerra.
Che futuro avranno mai questi bambini,
che giocano nei cortili ?"
Nessuno gli rideva in faccia per rispetto,
ma quando si assentava tutti si dicevano:
"Ha fatto come Don Chisciotte.
a leggere troppi libri si impazzisce".
Ma qualche anno dopo
ascoltando la radio,
capirono che aveva ragione.
E quei bambini
invece di giocare nei cortili
iniziarono a giocare nei rifugi,
scavati negli argini e nei poggi.

IL CRINALE
Non tutti i segni di vita
divengono tracce indelebili.
Si perdono nel niente
una fiamma tremula nella notte,
le luci di lampioni che oscillano al vento,
gli squarci di campagna
visti dal finestrino di un treno,
l’immagine del proprio volto
riflesso nella pozzanghera,
la forma delle nuvole,
certe figure di donna
che attraversano la piazza.
Trova asilo nella mente solo
ciò che è rimasto confitto nell’animo.
La sorgente del molteplice
è inesauribile.
Il divenire poi è il crinale
che unisce l’essere e il nulla.

COME LE TORTORE
Poche sillabe chiosano
le pagine del tempo.
Orologi e calendari testimoniano
appuntamenti mancati
e occasioni perdute.
Il presente
ci fornisce gli alibi
e le recriminazioni
per il passato.
Abbiamo imparato
a collocarci ai margini
di ogni spazio da riempire.
Siamo come le tortore,
che sorvolano ogni ramo e ogni stelo,
oltrepassano il canneto
e placano la sete
nell’acqua putrida del fiume.
Ma a differenza di noi non sanno
che si nutrono di ciò che darà loro la morte.

L’EFFIMERO E LA RAGIONE
Perché chiedete misericordia ed equità ?
Non sapete della nostra insensatezza ?
Siamo intrisi della follia di quest’epoca,
sorreggiamo il peso della storia del mondo.
L’effimero custodisce i postulati e gli assiomi
del nulla, la ragione elargisce ossimori ed antinomie
per noi ed anche per voi,
che non conoscemmo e che non conosceste
la disperazione di Giobbe.
Se scendessero gli angeli non sapremmo
e non sapreste distinguerli dai corvi.
I non ancora nati e i defunti
sorridono di noi dall’alto
della loro condizione immateriale.

COMPAGNA DI VIAGGIO
Mi stavi dinnanzi
nello stesso scompartimento.
Feci finta di non riconoscerti.
Tu ricambiasti e fingemmo
di ignorarci reciprocamente.
A distanza di anni ancora
il mio silenzio era una sconfitta,
il tuo invece un trionfo.
Sapevamo entrambi
che proferire anche una parola
sarebbe stata pura convenzione,
banale finzione.
Tu leggevi un romanzo
con aria annoiata,
solfeggiavi gli istanti
con indifferenza.
Io a tratti guardavo fuori dal finestrino
le colline indorate dal sole primaverile,
a tratti invece fingevo di dormire.
Non era l’imbarazzo di due estranei,
di due compagni occasionali di viaggio,
ma di due destini che brevemente
sembrarono diventare una stessa storia.
E’ un ricordo come tanti di un viaggio
qualsiasi di un giorno come altri.
I ricordi poi non valgono alcunché
se non sono condivisi almeno
da due memorie.

LA TANA
Il mio corpo si nutre di cose,
il mio animo di umori altalenanti,
la mia mente di assenze.
La gioia è un ospite raro ed inatteso.
I pensieri di ieri raramente
divengono solchi nella memoria.
Voi varcate pure ogni soglia,
ma la vostra conoscenza
è solo un inutile conforto.
Volgete pure il vostro sguardo
all’infinito troverete il nulla,
volgete pure il vostro sguardo
al nulla troverete l’infinito.
E voi altri….la fede che ostentate
è solo paura del giudizio
di colui ci osserva
senza essere visto,
di colui che dicono
regga il regno dell’invisibile.
Sono stato per migliaia di istanti
in precario equilibrio
su questo terreno accidentato
in attesa di un evento:
una quisquiglia ,
che per me sarebbe stata
un piccolo miracolo,
da parte della natura,
delle cose
o di chi mi viveva attorno.
Ora ciò che credete una gabbia
non è altro che la tana
per il mio inverno.

LE DINAMICHE DEL DESIDERIO
Se la solitudine ti opprime
ricordati
che le dinamiche del desiderio
sono senza senso.
I più scelgono
non per affinità elettive,
ma un volto tra i volti,
un corpo tra i corpi,
un sesso tra i sessi.
Nient’altro che questo.
L’eros ha leggi arcane,
che non sono governate
da alcun nesso logico.
Anche le donne che scelgono
il consorte per interesse,
dopo un’accurata analisi costi/benefici,
si scelgono come amante
un volto tra i volti, un corpo tra i corpi.
All’inizio quel che chiamano amore
è uno sguardo, un balbettio, un rossore.
Poi l’usura del tempo fa il resto
e le storie d’amore spesso
divengono vincoli indissolubili
di noia ed abitudine.
I più ignorano o fingono di ignorare
che ogni nuovo nato è frutto spesso
non di una scelta consapevole,
ma dell’aleatorio e dell’assurdo.
Forse vivono meglio,
ingannandosi o dimenticando
che siamo prede dell’irrazionale.
Solo la natura sceglie veramente.
Nient’altro che questo.

COSE TRA LE COSE
Puoi giocare con il paesaggio,
il cielo e l’orizzonte ad libitum.
Non scaturirà nessun prodigio
nei secoli dei secoli.
Metti pure tra parentesi l’eternità e il niente.
Non siamo fatti per questo,
ma per essere ormai cose tra le cose,
parole logore tra parole logore.
Ignora varianti di stagioni, vie e profili.
Ignora la lungimiranza del depresso,
la mesta estraneità del solitario,
che vaga per strade e piazze
senza che nessuno lo chiami per nome.
Ignora di essere sospesa tra radici e confini.
Ignora che chi genera
è anche colui che distrugge,
se esiste. Forse vivrai pienamente,
forse ugualmente non ti resterà
che qualche istante tra tutti quelli da rottamare.
Forse non ti resterà che la consolazione
delle ombre, qualche associazione
di idee e questi miei goffi versi liberi.

IL GRIMALDELLO
Li trovi in comitiva dentro ad un bar
a ridere e a sorseggiare un aperitivo,
dose omeopatica del loro quotidiano.
Nella testa qualche refrain di successo.
Le loro parole non hanno inizio né fine,
non giungono mai ad un binario morto.
Rispondono con sicumera ad ogni domanda.
Le loro sentenze dissipano i dubbi all’intera comunità.
Cosa importa se il pettegolezzo diviene
calunnia, la calunnia diffamazione,
la diffamazione verità incontrovertibile ?
Amano la penombra, odiano essere messi in controluce.
Disseminano indizi delle loro malignità,
ma evitano sempre di lasciare prove certe.
Dicono di possedere il grimaldello
per entrare nelle vite private altrui.
Agiscono in modo discreto, ma riescono
sempre a portare a termine il lavoro.
Quando si imbattono in una loro vittima
sanno perfettamente glissare su certi tasti.
Invecchiano tra ilarità e luoghi comuni.
Rovinano vite altrui da onesti incensurati.
La chiesa è sempre gremita ai loro funerali.

TRA QUALCHE ANNO
Se ci sarò ancora
tra qualche anno dirò
che i miei anni trascorsero
tra invettive e invocazioni,
tra sberleffi e compensazioni.
Dirò che le mie parole furono
quando esuli e quando straniere.
Gli altri sorrideranno
e penseranno che sono pazzo.
Allora non saprò più niente di te,
nè tu di me.
Chissà se il Fato ti farà ancora entrare
ed uscire da storie anonime ?
Ma tu che dirai ? Tu che sei stata
più volte eterna e in bilico
tra il vissuto e il trasognato,
tra il reale e il trasfigurato,
tra il poco detto e il molto pensato,
tra il poco saputo e il molto ignorato ?

L'OBLIO
Ci accorgiamo forse
dei fili d’erba che crescono,
dell’edera
che si attorciglia e si abbarbica,
di nuove infiorescenze
o della linfa che scorre ?
Sonnambuli o automi
del tutto perdiamo facilmente
la trama e l’ordito,
inconsapevolmente
affiliamo la scure,
inconsapevolmente
la rivolgiamo alla razza umana,
ma anche la nostra barbarie
è destinata all’oblio.

TRA TERRA E CIELO
Tra terra e cielo
aria e sangue
impulsi nervosi, palpiti,
conversazioni, azioni,
bisogni, pulsioni,
le istanze della carne
e della psiche,
ansia di assoluto,
nascita e morte,
e le stelle
che danno meraviglia
e sgomento, e il loro pulsare
eterno, sguardo di avvoltoi
sopra le nostre carcasse.
Tra terra e cielo
noi siamo tutto questo,
più o meno
e tralasciando certi dettagli marginali,
nel nostro cammino incerto.

CHI RESTA E CHI VA
Dopo aver conosciuto
luci di mille città
e mille passi di donne
potresti ripresentarti,
autentico cittadino del mondo,
sotto mentite spoglie.
Ma saprebbero davvero
riconoscerti ?
Avresti le vibrisse
per orientarti ?
Con buona pace degli hegeliani
non è automatico che chi esce
fuori di sè ritorni in sè.
Il tuo desiderio è interdetto.
La porta d'ingresso per te
rimane invalicabile.
Sei in mezzo a chi resta
e a chi va.
Sei sospeso sulla soglia.
Intanto il tramonto
continua a sigillare il giorno,
i bambini continuano
a tagliare le code dei ramarri
o a far rimbalzare i sassi nel fiume.

MEGLIO NON DIRE
La mia terra è
questi campi di girasoli,
che rivolgono i capolini
al sole. La mia terra è
tutta un alternarsi
di luci ed ombre
tra le chiome dei pini,
tra le cime dei cipressi,
tra i vigneti e gli uliveti.
Ma non tutto qui è
un idillio bucolico…
meglio non dire….
mi avvalgo delle facoltà
di soprassedere e di tacere,
mentre molti fingono
di non vedere.

QUELLO CHE AVEVO DA DIRTI
Le tue parole
tra il didascalico e il sentenzioso.
Continuavi a ripetermi ironicamente:
“Vogliono salvarsi l’anima,
ma non riusciranno nemmeno
a salvarsi la psiche”.
Il mio sguardo incontrava
il tramonto e tutto quello che avevo
da dirti se ne andò in esilio nell’universo
della farneticazione.
Ora non sei che un’immagine tremula
nell’acqua smossa dal vento.

NIENTE DI PIU'
Immagini e slogan da metabolizzare
ad ogni ora. Immagini e slogan,
che persuadono, suggestionano,
obnubilano, occultano. La parola
autentica non può che essere esortativa.
Niente di più.
Il mondo è dati e numeri,
identità in frantumi,
nostalgia senza più memoria,
regole prive di valori,
denaro per consumare
e metafisica del corpo.
Le idee sono cadaveri putrescenti.
Tutto per essere veritiero
deve necessariamente ricondursi
ad un orgasmo: finalità, repressione,
sublimazione o semplice allusione.
Il noi si fa singolare:
dalla solitudine nella folla
alla solitudine nella coppia.
L’io è sempre più plurale.

DUE MONDI SEPARATI
A te mi rivolgo
corpo assopito
sul letto disfatto;
a te mi rivolgo,
al significante
delle tue cellule,
al frullo d’ali,
allo zirlo del tordo,
allo scorrere della clessidra
e alla calce.
Ti dissi un tempo
che il nostro nemico era
l’inconsistenza,
che nel mio dizionario
era sinonimo di inesistenza.
Tu ridesti di me e rispondesti
che il mio vocabolario
era fatto solo di linguaggio privato.
Tu sei ciò che hai sfiorato
senza cogliere ed anche ciò
che hai colto senza accorgertene.
Con il tempo scoprirai che
non sono due mondi separati,
che non esiste una linea di demarcazione
tra il lavorio inutile e la fulminea intuizione.
Scoprirai che le evocazioni
possono tramutarsi facilmente
in invocazioni.

DALL'APEIRON ALL'APERITIVO
“Non esiste il fatto in sé,
ma anche le interpretazioni.
A questo punto
non è questione di tassonomia
o di dove finisca la percezione
e dove inizi il linguaggio.
Il problema è che bisogna porre
dei veti alle interpretazioni
per non cadere in un relativismo,
che sarebbe la maschera del nulla”.
Così mi dicesti ed era sera.
Fu allora che ti risposi:
“Lasciamo la filosofia
alla sua sorte e passiamo
dall’apeiron all’aperitivo”.
Il barista era un amico
e ci fece anche lo sconto.

FRAMMENTI COSI' ETEROGENEI
Questo sistema
abbisogna dell’apoteosi,
dell’eclatante, del superlativo:
ogni settimana è necessario
un nuovo divo. Talk show,
reality show, calciatori,
ballerine, telenovelas,
morti bianche, infanticidi,
delitti familiari , guerre
in paesi dimenticati,
club privè e annunci porno…..
a volte mi stupivo
che il mondo fosse fatto
di frammenti così eterogenei...
…bruciai il nostro epistolario
per abbandonarmi definitivamente
all’incompiuto. L’isolamento autoinflitto
moltiplicato per l’inquietudine
dà come risultato l’irrealtà.
Nei tuoi occhi balze e calanchi,
nei tuoi occhi rami e viticci,
nei tuoi occhi zolle e radicchio,
nei tuoi occhi boccioli, bacche e larve.

QUESTA NOTTE
Questa notte impasta
oscurità e ignoto.
È eterna preghiera inevasa.

SOLITUDINE
Quei colli e quelle vigne
chiedono sempre ombra e luce
al cielo spalancato dall'Estate.
Come il corpo di un uomo
chiede il corpo di una donna
alla notte spalancata dalla solitudine.

SORRISO
La luce e l'ombra tremavano
sulla superficie del tuo viso
e lo schiudersi delle tue labbra
approdava a un sorriso.
Luce e ombra tremavano
sui tratti del tuo viso
e venivano insidiati da un tuo sorriso.

NODO
Nessun nodo scorsoio
impiccherà sguardi e parole,
perché i nostri sguardi
e le nostre parole
sono state erba,
vento e sole

LA MIA TERRA
la mia terra è colline e pianure
nel mite inverno trafitte
da raffiche di tramontana.


LEVARE
Si tratta di togliere e non di aggiungere.
Si tratta di levare e non di battere.
Come gli scultori.
Noi stessi siamo come pietra lavorata.

NON SONO
Io non sono un poeta.
Io sono lo sproloquio illogico.
Io sono il verso di un folle.
Quel folle è il poeta che non sono.
Amen.

MA NON....
Puoi vivere e avere nelle tasche
solo un biglietto scaduto e pochi spiccioli.
Ma non puoi vivere all'ombra di una frase
o di un saluto.

NULLA PIÙ
Le navi toccano l'orizzonte.
Guardi dove il mare
sembra elevarsi al cielo
e il cielo sembra immergersi nel mare.
L'esistenza per un istante sembra un gioco
da innamorati, di mani che si intrecciano
con altre mani. Solo un istante. Nulla più.

ATOMI
Questa aria e questa terra
contengono atomi di morti.
Cosa unisce ora questi atomi nostri
e cosa li disperderà dopo la nostra morte
nell'aria e nella terra ?

1900
Ho visto i tuoi occhi
guardare il secolo scorso.
Li ho visti assorbire tutto il bene
e tutto il male: scoperte della scienza,
diritti acquisiti, innumerevoli errori ed orrori.

LA PORTA
Ci sono donne, le cui mani
sanno parlare alle rose e ai gatti.
Ci sono donne, che danzano con la notte.
Ci sono uomini, che sanno parlare alle gambe di quelle donne.
La porta dell'umanità continua a aprirsi e a chiudersi.
Nonostante tutto.

ALTRE LABBRA
Quei muri conoscevano le nostre scritte,
i nostri rossori, le nostre labbra.
Adesso che sei donna hai dimenticato
quei muri e quei luoghi per altre labbra.

UN TEMPO
Lascia che questa città sia benedetta ancora
dalle sere d'Estate. Lascia che queste strade
siano benedette ancora da un cielo terso.
Lascia che questa città ci maledìca per sempre.
Un tempo anche noi siamo stati benedetti
dalle sere d'Estate e da un cielo terso.





Informazioni generali

  • Categoria: Poesia

Informazioni sulla vendita

  • Disponibile: no

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  • Archiviata il: 29/05/2019

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