Robert Capa

Robert Capa si chiamava Endre Erno Friedmann: nacque a Budapest,in Ungheria il 22 ottobre 1913 e si trasferì in Germania a 18 anni. Militava nel partito comunista, era ebreo, scriveva, lavorò in uno studio fotografico di Berlino ma fu costretto a scappare nel 1933 a causa dell’ascesa del nazismo. Arrivò in Francia, dove lavorò qualche anno come freelance – insieme con la compagna Gerda Taro, anche lei fotografa. È negli anni di Parigi che decise di darsi un nome d’arte, cosa che secondo il suo punto di vista avrebbe reso le sue fotografie più accattivanti. Scelse “Robert Capa”, che suonava come un nome americano.

Vorrei scrivere di uno dei grandi nomi che hanno fatto, a torto o a ragione, la storia della fotografia di reportage, un personaggio sicuramente di cui molti conoscono il nome ma del quale non tutti conoscono la personalità e la intima convinzione della necessità di essere "dentro la notizia".Un personaggio che ha scattato immagini che raramente hanno lasciato indifferente chi le guardava.

Nel 1936, Capa diviene famoso in tutto il mondo per una foto scattata a Cordova, dove ritrae un soldato dell'esercito repubblicano, con addosso una camicia bianca, colpito a morte da un proiettile sparato dai franchisti.

La sua carriera passa attraverso i principali conflitti del Novecento, soprattutto cinque: la Guerra civile spagnola (1936-1939), la Seconda guerra sino-giapponese (che seguì nel 1938), la Seconda guerra mondiale (1941-1945), la Guerra arabo-israeliana (1948) e la Prima guerra d’Indocina (1954).

Capa è considerato come uno dei massimi rappresentanti della fotografia di reportage, pur non essendo il primo a scegliere la guerra come soggetto.
Non è il primo fotografo a raccontare eventi bellici ma è il primo a farlo in anni che sono considerati rivoluzionari per l’informazione e Capa fa parte di questo cambiamento. In quegli anni infatti due grandi innovazioni vanno incontro a che pratica la fotografia di reportage ossia l'avvento del retino fotografico che consente la riproduzione fotografica a rotativa che fa si che l'immagine entri a far parte largamente dell'informazione e, ovviamente, l'avvento delle macchine di piccolo formato che sicuramente favoriscono la presenza e la portabilità su territori tanto ostici.
Capa inseguì l’utopia di poter catturare il famoso “momento decisivo”, quell’istante unico che diventa racconto utilizzando la fotografia al massimo delle sue potenzialità
Alcune immagini di Capa sono diventate simboli della crudeltà della guerra.

Nel 1947 Robert Capa fondò a Parigi – insieme con Henri Cartier-Bresson, David “Chim” Seymour, George Rodger e William Vandivert – l’agenzia fotografica cooperativa Magnum Photos, diventata una delle più prestigiose agenzie fotografiche al mondo. In quegli anni il genere reportage conosce il suo momento di massima espressione: finita la Seconda guerra mondiale c’è la necessità di capire, di vedere e provare a ricostruire i fatti della storia anche attraverso il racconto fotografico.

Sbarco alleato

Arrivo a Omaha Beach

Il neorealismo letterario, iconografico e cinematografico si è nutrito di Robert Capa
Le immagini sfocate dello sbarco in Normandia , il miliziano colpito a morte,
l'autenticità o meno di tanti suoi scatti nulla toglie al valore storico delle stesse anche se
sono nate scuole di pensiero e veri e propri movimenti d'opinione a favore o contro tale autenticità.
Molti film si sono avvalsi degli scatti di Capa per ricreare situazioni realistiche di avvenimenti bellici cui egli aveva assistito e che aveva documentato

Il suo modo di scattare non è per denunciare, non è per mostrarsi contrariato, e non ha certo pretese artistiche, ma tutte e tre queste cose insieme.
Il suo è lo sguardo di chi deve essere dentro la storia, dentro l'azione mentre questa si compie, nel momento stesso in cui si compie.
L'osservazione comporta una compromissione di se stessi in ciò che si fotografa.Sempre.

Contadino che indica a soldato americano da che parte sono andati i tedeschi

Capucine, modella e attrice francese, su un balcone a Roma. Agosto 1951.

Dal 1947 fotografò sempre con due distinte fotocamere al collo, una caricata con pellicola a colori e una con pellicola in bianco e nero,ma le riviste sceglievano puntualmente le sue foto in bianco e nero.Sarebbero passati ancora due decenni affinchè il colore si prendesse i suoi spazi

Ha condiviso moltissimo con la sua compagna .
Forse ha imparato tanto da lei.

Gerda muore a ventisette anni mentre con l'occhio alla macchina fotografica viene sbalzata dal predellino di un mezzo militare e finisce schiacciata dai cingoli dello stesso mezzo.

Anche Robert diciassette anni dopo Gerda nel 1954 in Indocina stava guardando in camera. Aveva deciso di anticipare una colonna militare francese mentre avanzava. Andò su un terrapieno. Indietreggiando mise il piede su una mina.

Gerda e Robert non avevano messo alcuna distanza tra loro stessi e i soggetti delle loro foto

Cosa ci lascia? Un suo pensiero fisso:"Se le tue foto non sono abbastanza buone vuol dire che non eri abbastanza vicino"

A cura di Emanuele Davi